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La strategia di Renzi sull’affaire Berlusconi

Davanti a un Pd che si “cala le brache”, come ha titolato oggi il Fatto Quotidiano, Matteo Renzi non poteva che starsene alla larga. Così, asserragliato nella sua Firenze, guardandosi bene dal scendere a Roma nel caos scoppiato ieri in Parlamento, il sindaco cerca di allontanare da sé l’ennesima figura bizzarra che, a giudizio di molti, ha fatto ieri il suo partito. Non ha proferito parola “Matteo”, anche la sua attesa e-news settimanale è saltata, ma la linea dettata ieri ai suoi parlamentari è stata quella di aperta contrapposizione alla scelta del Pd di assecondare la richiesta di sospensione, ridotta poi a un giorno, dei lavori parlamentari del Pdl dopo l’accelerazione della Cassazione sul processo Mediaset.

La bagarre parlamentare di ieri
Un gruppo di deputati del Pd fedeli al sindaco di Firenze capitanati da Michele Anzaldi ha fatto circolare una nota per polemizzare contro la gestione del voto da parte del Partito Democratico sulla richiesta del Pdl. E anche se la maggior parte si è turata il naso e ha votato come da indicazioni per il sì “per rispettare la disciplina del gruppo”, c’è chi come Paolo Gentiloni ha lasciato l’aula, affidando le sue considerazioni su Twitter: “La Camera sospende lavori fino a domani di fatto per protesta contro la Cassazione. Un precedente grave. Io non ho capito e non ho votato”.

Lontani dalle larghe intese
L’insofferenza dei renziani verso il governo delle larghe intese, accompagnata per altro da quella crescente di molti altri esponenti del partito, dai civatiani ai prodiani, si fa sempre più sentire. E risponde probabilmente alla strategia di Renzi di apparire l’uomo nel Pd più lontano da Silvio Berlusconi, dopo essere stato per molto tempo considerato forse il più vicino. Quella “macchia” del famoso pranzo ad Arcore vuole essere rimossa definitivamente, enfatizzando il suo essere l’anti-Silvio.
E questo significa due cose. Prima di tutto, rafforzare la sua immagine per gli elettori del Pd che lui con questo governo di “inciucio” con il Pdl non c’entra niente. Del resto, nelle sue frequenti apparizioni tv, ha sempre sottolineato che lui, a differenza dell’”amico Enrico”, non sarebbe ami riuscito a governare con Brunetta e Schifani.

Vicini al voto?
E poi il suo essere anti-Berlusconi può essere già letto in chiave elettorale. Sarà lui lo sfidante del leader del Pdl, sembra dire ai suoi tanti colleghi di partito che provano ad ostacolare la sua corsa. Ma la domanda è: quando? Più passa il tempo, più Renzi rischia di bruciarsi. Lui dice di stare bene a Firenze ma i preparativi in vista della sua scalata alla leadership del partito e del Paese proseguono senza sosta.

Con una nuova irresistibile incognita: in caso di condanna di Berlusconi a fine luglio, il governo Letta potrebbe frantumarsi prima del previsto. E allora potrebbe arrivare in anticipo anche il tempo di nuove elezioni e di “Matteo”. Del resto, non è solo il Pdl a minacciarlo. Lo stesso segretario del Pd Guglielmo Epifani ha prospettato oggi all’Unità questa ipotesi: “O c’è un chiarimento serio e il Pdl dimostra di essere interessato ai problemi del Paese e non alle vicende giudiziarie di Berlusconi, oppure “con la stessa forza con cui abbiamo fatto nascere questo governo diciamo che così non si può andare avanti”.


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