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Così il Sud America si prepara ad accogliere Papa Francesco

Il countdown per la Giornata Mondiale della Gioventù è iniziato. Anche nell’Angelus di ieri Papa Francesco ha voluto indirizzare una preghiera a “Nostra Signora de Aparecida, patrona del Brasile, affinché guidi i passi dei partecipanti, e apra i loro cuori ad accogliere la missione che Cristo darà loro”.

Tuttavia, alle speranze, ai momenti di intensità spirituale e ai canti di festa, che stanno caratterizzando i preparativi di chi si accinge a partire e certamente caratterizzeranno la settimana a Rio de Janeiro, si aggiungono le preoccupazioni per come i paesi del continente latinoamericano si stanno preparando a un evento che capita in un momento forse cruciale per lo sviluppo e la storia dell’America Latina. Così, cercando di sfruttare l’occasione della presenza di un Papa “come loro”, sono le singole Chiese nazionali oggi a dar voce a situazioni talvolta di tensione con le autorità governative, e a sottolineare stati di disagio sociale sul punto di sfociare in autentiche proteste per condizioni di vita non più accettabili. E l’esortazione di Francesco “non fatevi rubare la speranza”, rivolta ai giovani la scorsa Domenica delle Palme e ripetuta anche nell’enciclica Lumen fidei, scritta a quattro mani con il predecessore Benedetto XVI, si mescola ai dubbi di un continente che, trainato dal Brasile, poteva aprire una nuova fase di sviluppo e che, invece, sta dimostrando ancora tutta la sua debolezza.

Argentina
Proprio in Argentina, Paese natale di Jorge Mario Bergoglio, i vescovi, riuniti in occasione delle celebrazioni per l’indipendenza (proclamata il 9 luglio 1816 a Tucuman), hanno denunciato – per bocca di mons. Alfredo Horacio Zecca, arcivescovo di Tucuman – le disuguaglianze e le ingiustizie sociali che ancora colpiscono il Paese. “La povertà è uno scandalo”, ha detto il presule, ricordando come “vi sono altre situazioni che necessitano un intervento immediato e che sono legate alla povertà: la discriminazione, la precarietà nel lavoro, la disoccupazione, il narcotraffico, la tratta di esseri umani, la corruzione, le varie forme di violenza, gli attentati alla vita”. In sostanza, la Chiesa povera per i poveri, come vuole Francesco “non può diventare uno slogan ripetuto in maniera irresponsabile”, ha concluso mons. Zecca, e oggi siamo chiamati a riconoscere “che la verità della fede e della carità che predichiamo non ha avuto il dovuto impatto sociale: di questa situazione siamo tutti responsabili, dirigenti, cittadini, pastori e fedeli”.

Venezuela
Altrettanto netta è stata la presa di posizione della Conferenza episcopale del Venezuela che, attraverso una dichiarazione al termine della 100ma assemblea ordinaria, conclusasi il 12 luglio, ha espresso le proprie preoccupazioni per un contesto nazionale che presupporrebbe dialogo anziché divisioni, e che, invece, trova una nazione dilaniata dal problema del rispetto delle libertà individuali, dalla criminalità, dall’ineguale sfruttamento delle ingenti risorse minerarie e ambientali, e dalla crisi del sistema politico e istituzionale, che il 14 aprile scorso ha avviato il tortuoso cammino post-Chavez con l’elezione alla presidenza di Nicolas Maduro. “La Chiesa promuove il dialogo nazionale con profondo spirito democratico – hanno detto i vescovi riuniti a Caracas – siamo tutti coinvolti nel costruire il bene del Paese, e tutti dobbiamo risolvere i principali problemi, come l’insicurezza, e lavorare per tutto ciò che riguarda la qualità della vita”.

Messico
Se in Argentina e Venezuela la Chiesa arriva in un certo senso ad ammettere gradi di responsabilità, mettendo in gioco le proprie risorse per strategie a carattere nazionale, in Messico essa attacca duramente il governo, accusato di incompetenza e incapacità nel contrastare la crisi e la criminalità organizzata, in un contesto di sostanziale guerra civile. Il vescovo di Saltillo mons. Raul Vera Lopez, infatti, nel corso di una conferenza stampa, a margine del pellegrinaggio alla Basilica di Guadalupe, ha affermato che “mentre continuano le sparizioni e le morti legate al narcotraffico, le caratteristiche principali della strategia del governo federale (dal 2012 il presidente è Enrique Peña Nieto, del Partito Rivoluzionario Istituzionale, tornato al potere dopo 12 anni, ndr) contro la criminalità organizzata sono la lentezza nell’agire e la mancanza di chiarezza delle azioni da intraprendere”. Con la conseguenza che i narcotrafficanti possano arrivare a condizionare le contese elettorali o a insediare propri candidati in cariche pubbliche di rilievo.

Colombia
Di lotta alla corruzione, vicinanza alle proteste sociali e sostegno al processo di pace hanno parlato anche i vescovi della Colombia nella 95ma assemblea plenaria della locale Conferenza episcopale (Cec), conclusasi il 13 luglio. E’ necessaria una “reazione energica e coraggiosa delle forze vive della nazione per abbattere il mostro della corruzione”, è stato l’auspicio del cardinale Rubén Salazar Gomez, presidente della Cec, nonché arcivescovo di Bogotà, che non ha mancato di sottolineare come “le truffe ai danni dello Stato, in particolare nei settori della salute e dell’educazione, il riciclaggio di denaro in numerose attività, anche nel campo delle pensioni, la concussione nei negozi e nelle sentenze del sistema giudiziale e il preoccupante livello d’impunità distruggono la morale e la fiducia del popolo nelle sue istituzioni e nello Stato stesso”.

Dopo l’appoggio alle iniziative del processo di pace in corso a L’Avana tra governo e Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), si tratta di un richiamo affinchè si diano risposte concrete tanto all’emergenza politica e umanitaria quanto alle proteste sociali di quei settori che rivendicano il diritto di dedicarsi alle attività agricole e contadine, come i “campesinos”, costretti dal governo ad abbandonare la coltivazione delle piantagioni di coca, ma senza che sia stata per loro trovata ancora una forma alternativa di sussistenza e di riscatto civile.

Brasile
Se, infine, nonostante le manifestazioni di piazza scoppiate in Brasile durante le partite di calcio della Confederations Cup, per chiedere lotta alla corruzione, trasparenza nella gestione del potere e una più ampia giustizia sociale, è stato scongiurato il forfait di Papa Francesco alla attesissima Gmg di Rio de Janeiro (23-29 luglio), è presumibile che grande sarà l’attenzione del Pontefice, nei suoi appuntamenti con le autorità, per la situazione di crisi e difficoltà che sta colpendo non solo il Paese carioca, ma tutta l’America Latina. L’incontro di fede dei circa 2 milioni di giovani attesi da tutto il mondo non potrà non richiedere risposte anche politiche per un continente in fermento, dal punto di vista economico e sociale, oltre che spirituale.


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