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Umiliazione dai Kazaki e figuraccia agente CIA : Capo Stato rilanci dignità e prestigio Italia !

 

La poltrona di Angelino Alfano è sempre più traballante e la ministra degli Esteri, Emma Bonino,  non ha affatto brillato, alla luce di nuovi documenti sulla sconcertante vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako, Ablyazov, spedite ad Astana dalle autorità italiane.
Negli atti-allegati alla relazione del Capo della Polizia, Alessandro Pansa e depositati all’attenzione dei senatori, che venerdì, a loro insaputa, hanno rinnovato la fiducia al ministroPdl-una nota Interpol, proveniente da Astana la mattina del 28 maggio, ha chiesto alla nostra Polizia di identificare, fermare e “deportare” la donna, che i kazaki ritengono viva con Ablyazov e che con lui dovrebbe trovarsi all’interno della villa di via di Casal Palocco 3 : Alma Shalabayeva, nata il 15 agosto 1966.

Secondo uno”sgub” di “Repubblica”, sin dall’incipit, l’operazione orchestrata tra Astana e Roma aveva un unico obiettivo: L’intera famiglia Ablyazov. E a quell’operazione il ministro dell’Interno, Alfano, diede  impulso, mettendo a disposizione dei kazaki la nostra Polizia. 
La mattina del 28 maggio, alle 10,15, sui terminali di “Arianna”, il sistema informatico della nostra Direzione Centrale della Polizia Criminale, lampeggia alerà, che indica l’arrivo di una nota Interpol. Il cablo è in lingua inglese, porta il numero 22/3-1614 e proviene dall’ufficio collegato di Astana, Kazakistan. Alle  12.26, il cablo kazako comincia ad essere lavorato e tradotto dai nostri uffici Interpol i quali, sulla base delle informazioni che hanno ricevuto, attestano che “Ablyazov Mukhtar” è un ricercato, utilizza false identità, e  –  si legge testualmente  –  “vive a Roma, in una villa in affitto in via di Casal Palocco 3 di proprietà di una cittadina tedesca”.

Il pomeriggio del 28, la nostra Polizia, il capo di gabinetto del ministro dell’Interno e  Alfano stesso hanno le informazioni necessarie per sapere che, nell’operazione di “cattura del pericoloso latitante”, figuri anche il nome della moglie, che con lui vive. 
Sempre quel 28 maggio, infatti, qualche ora dopo il primo cablo- e mentre, a Roma, l’ambasciatore kazako  impartisce ordini nell’ufficio di Procaccini, al Viminale,in attesa di verificare con i propri occhi che all’operazione venga dato semaforo verde dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza (il blitz scatterà alla mezzanotte)-Astana decide di inviare una nuova, molto secca, nota Interpol a Roma. È il cablo 22/3-1625, in pratica un ordine, molto umiliante, del Kazakistan all’Italia.  “In aggiunta al nostro precedente messaggio, concernente l’arresto del ricercato Ablyazov Mukhtar, vi informiamo che con lui potrebbe vivere sua moglie Alma Shalabayeva. Vi confermiamo che è una cittadina kazaka, che ha un passaporto kazako NO816235 rilasciato il 3 agosto 2012. Vi chiediamo di deportarla”. Purtroppo, manzonianamente, gli sciagurati riceventi ubbidirono e non cestinarono quel cablo !

Eccola, dunque,  la prova regina del macroscopico insabbiamento della verità che, in questi 50 giorni, ha negato prima la logica, quindi l’evidenza dei fatti, aggiustando versioni di comodo in corsa. 
Non ci fu “un prima” e un “dopo” nell’Operazione Ablyazov.
Alla vigilia del blitz, i kazaki avvertirono l’autorità politica e gli apparati della sicurezza italiani che, nella caccia grossa a Casal Palocco, le prede erano due. Mukhtar Ablyazov e Alma Shalabayeva. Con una differenza. Per Mukhtar, esisteva un titolo, almeno formale, che ne giustificava la cattura. Alma aveva la sola “colpa” di essere la sua compagna, madre di una bimba di 6 anni. “Vi chiediamo di deportarla”: 28 maggio 2013. 
Tutti sapevano. Nessuno ha detto la verità. Che, per giunta, in Senato, era sotto gli occhi di tutti. I senatori hanno “assolto” Alfano, votando a loro insaputa ?
La figuraccia, rimediata dall’Italia, che ha ricevuto ed eseguito l’ordine di”deportare” una cittadina kazaka, è stata seguita dal rimpatrio negli Usa da Panama dell’agente CIA, Robert Lady, che in Italia era stato stangato a 9 anni, per il rapimento, a Milano, dell’Imam Abu Omar. Il Presidente della Repubblica, Napolitano, dovrebbe intervenire, con fermezza, a tutela della dignità, del prestigio, della credibilità  e dell’immagine del nostro Paese, in Italia e all’estero. Che escono scalfite e lesionate, pur essendo aspetti molto importanti, non meno della governabilità e dell’esigenza di evitare una crisi di governo, in una fase molto delicata.
Pietro Mancini


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