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Che cosa fare dopo Berlusconi

Ho letto con attenzione l’articolo dell’amico Alessandro Sancino che mi trova assolutamente d’accordo su quanto esposto. Ritengo necessario tuttavia aggiungere una quarta rivoluzione, nonché alcune considerazioni che certamente potranno essere oggetto di ulteriori riflessioni.

Il quarto punto da aggiungere ai tre accennati (rivoluzione liberale, sussidiaria e culturale) riguarda la rivendicazione dei diritti e doveri dei localismi. Oggi la politica italiana, ma non solo, nell’ottica di una politica spesso centralista ed egoista si è scordata dei diritti dei cittadini che a livello locale vengono violati da leggi spesso ingiuste ed opprimenti.

Questi aspetti riguardano sì il Nord del Paese, ma anche la famosa questione meridionale. E più in generale l’Europa nella quale non vi è solo il complicato rapporto fra gli Stati e gli organi comunitari, ma anche la difficoltà di trovare la “giusta misura” fra il rispetto del ruolo degli Stati, per un verso, e il riconoscimento della complessa realtà costituita dai livelli di governo e di rappresentanza territoriale dall’altro verso. Oggi sono questi i temi che non possono più essere dimenticati e che quotidianamente vengono lasciati ad esponenti di movimenti localistici, spesso incompetenti ed in malafede. Uomini che tradiscono ed hanno tradito aspettative giuste di persone che, anche a causa di duri anni di crisi economica, hanno dovuto rivedere il proprio stile di vita.

Non si confondano, però, questi aspetti con un vero e proprio civismo, ossia con un modo concreto di affrontare i problemi territorialmente. Il localismo pertanto è sì la rivendicazione di diritti calpestati. Tant’è che oggi, in modo assai costruttivo, si dovrebbero richiedere diritti a fronte di un altrettanto costruttivo rispetto dei doveri.

Ritengo essere proprio questa la rivoluzione pacifica del buon cittadino che crede nella nostra Carta Costituzionale ma che al contempo chiede attenzione al rispetto dei suoi territori, alla rivendicazione delle libertà e all’autonomia dei popoli. In un contesto globalizzato come quello che stiamo vivendo, sarà assolutamente prioritario coniugare un progetto nazionale con uno locale.

In Lombardia, ad esempio, i partiti regionali dovrebbero avere una forte identità locale ma avere al contempo un layout in armonia con progetti nazionali ed europei.
Certo, a questo punto le riflessioni da fare sarebbero molteplici e le domande alla quali rispondere numerose. Ad esempio: quali saranno le regole del gioco politico nazionale? Quale la nuova legge elettorale? Quali le scelte europee dell’ipotetico movimento pop-liberal? Oggi il partito popolare europeo è in grado di attrarre una realtà pop-liberale e il mondo popolare sarà in grado di chiedere a gran voce la sua naturale collocazione tra socialisti e liberali? Ed ancora, dopo più di venti anni di Berlusconismo, questo Paese è in grado di rigenerare partiti popolari e non leaderistici, cioè di ottenere una vera partecipazione dei singoli alla vita democratica?
Sono queste domande imprescindibili per capire come strutturare l’offerta politica.



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