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Berlusconi invoca l’aiuto dell’amico (Pd) per non cadere dalla barca del governo

In occasione del Meeting di Rimini, Silvio Berlusconi rompe il silenzio e sceglie di concedere una intervista a tutto campo al direttore Luigi Amicone del settimanale Tempi.

Il documento, anticipato alla stampa e pubblicato sul sito tempi.it, conferma quanto scritto in tanti recenti retroscena ed aggiunge qualche particolare interessante.

Anzitutto, precisa che la figlia Marina non scenderà in campo (“sono assolutamente sicuro che non scenderà in campo al mio posto”). Inoltre, ha ribadito che se sarà votata la sua decadenza i ministri del Pdl abbandoneranno a loro volta il governo (“se due amici sono in barca e uno dei due butta l’altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda?”).

Eppure Berlusconi sembra usare tutta la sua forza mediatica e politica per trovarla una soluzione ed evitare così uno scenario di dissoluzione che non riguarderebbe solo Palazzo Chigi ma investirebbe in pieno lui stesso e le sue aziende. Nel merito della possibile exit strategy, il capo del Pdl (come si autodefinisce) si mantiene molto vago (“la Costituzione della Repubblica e il buon senso offrono molte strade. Se avessi voglia di sorridere, potrei dirle che “non possono non saperlo”: vale per tutti gli attori politici e istituzionali”). Guglielmo Epifani, Enrico Letta e Giorgio Napolitano sembrano i destinatari di un messaggio per la verità abbastanza disperato. Nel quale però non manca un passaggio che evoca di fatto una sorta di complotto internazionale o quanto meno “strane coincidenze”. Su questo Berlusconi si esprime così con Amicone: “Un conto sono le privatizzazioni, altro conto sono le spoliazioni, cioè le situazioni in cui, approfittando di un momento di debolezza, alcuni Paesi vanno in un altro Paese con il carrello del supermercato per fare la spesa a prezzi da saldi di fine stagione. Nel ’92-’93, per tanti versi, si aprì una fase di questo tipo contro l’Italia: politica debole, partiti democratici messi alla gogna, Italia fragile, e in un colpo solo perdemmo, a prezzi da saldo, pezzi di chimica, di meccanica, di agroalimentare e di grande distribuzione. Non vorrei che, oggi, qualcuno pensasse di fare shopping da noi con un sacchetto di monetine in mano… Chiunque si senta addosso la maglia azzurra della Nazionale dovrebbe comprendere il tema e il rischio”.

Certo, Berlusconi non si chiede se sono anche le sue azioni a rendere più debole l’Italia e quindi più facilmente aggredibile sul piano economico da interessi stranieri. Questo però è un altro film. Per ora, quello che importa al Cavaliere è di non cadere dalla barca. Chiede aiuto all’amico Pd ma non si rende conto che parla dopo essere già precipitato in mare ed essendo in procinto di affogare. Invoca il salvagente, Berlusconi. Ma forse è troppo tardi e comunque insufficiente.

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