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Ecco come Bo Xilai ha respinto le accuse del Partito comunista

Per riprendere un’immagine cara in Italia, Bo Xilai, carismatico politico cinese imputato per corruzione, tangenti e abuso d’ufficio, si è difeso nel processo. Nel primo giorno d’udienza l’ex numero uno del Partito comunista a Chongqing ha negato ogni addebito.

Ha rigettato le accuse dell’uomo d’affari Tang Xiaolin che dice di aver consegnato a Bo, all’epoca in cui era sindaco a Dalian, nella provincia del Liaoning, mazzette per 1,1 milioni di yuan (135mila euro circa). Sulla testimonianza di Xu Ming e le presunte tangenti per 20 milioni di yuan che sarebbero andate a finanziare anche gli studi in Gran Bretagna del figlio Bo Guagua e una villa a Cannes, Bo dice di esserne all’oscuro.

Per quanto riguarda la testimonianza della moglie Gu Kailai, condannata un anno fa alla pena di morte con sospensione della sentenza per l’omicidio del britannico Neil Heywood, la dichiarazione scritta e letta in aula che sembra confermare le accuse è stata bollata come “ridicola”. Al massimo, per stare alle tesi della difesa, è frutto della mente di una donna che ha subito un tracollo psicologico e che quindi non avrebbe dovuto testimoniare.

Nell’aula della corte intermedia di Jinan, nello Shandong, l’imputato Bo Xilai ha smentito le indiscrezioni che lo davano collaborativo e pronto ad accettare le accuse contro di lui, in uno dei più gravi scandali politici in Cina dalla caduta della Banda dei Quattro, al tramonto dell’epoca maoista.

Il processo contro l’uomo che fino a febbraio dell’anno scorso era uno dei politici più in vista della Repubblica popolare, capace di far convergere su di sé i rivoli della sinistra del Partito, era ed è ancora un appuntamento sensibile per la dirigenza cinese.

La caduta del 64enne ex ministro del Commercio, ha fatto emergere le lotte tra fazioni interne al Partito e le divergenze sul modello che il Paese avrebbe dovuto seguire.

Ambizioso, elegante, spigliato, lontano dal grigiore che spesso caratterizza i leader del Pcc, Bo spiccava all’interno di una dirigenza che sotto la passata leadership di Hu Jintao e di Wen Jiabao si voleva corale. Il Bo Xilai riemerso dopo 18 mesi di detenzione sembra aver mantenuto il carattere che lo aveva contraddistinto e che ancora gli garantisce un certo sostegno.

La prima immagine data al pubblico dopo un anno e mezzo d’assenza lo ritrae in camicia bianca e pantaloni neri, stretto tra due agenti che lo superano in altezza. Bo Xilai è oltre il metro e ottanta. Per molti osservatori un modo per farlo sembrare piccolo e indifeso. Lui stesso ha dichiarato a un certo punto di non aver avere un carattere forte. Lo ha fatto nel ritrattare la confessione stilata durante la detenzione, rilasciata – ha ribattuto – dopo aver subito pressioni immense.

Ad ascoltarlo un centinaio di spettatori scelti. Ad assistere c’erano anche cinque familiari e 19 giornalisti, tutti cinesi. Agli stranieri che ne avevano fatto richiesta è stato risposto che gli accrediti erano finiti. Questo nonostante il processo fosse stato presentato come aperto al pubblico.

Seguire quanto accadeva è stato però possibile attraverso il canale Weibo della Corte. Se non è raro che gli imputati replichino, lo è meno che la difesa abbia una simile eco. La stampa occidentale ha descritto un Bo energetico e battagliero. Tra i commenti alle dirette blog del processo in molti si sono però chiesti quanto di ciò che accadeva in aula fosse vero o frutto di un copione per dare al processo la parvenza della regolarità.

Nelle settimane precedenti su un punto commenti e opinioni sembravano concordare il verdetto di colpevolezza appare scontato, una decisione presa nelle stanze della politica. In dubbio è l’entità della sentenza, per conoscerla si dovrà attendere settembre.

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