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Camusso amoreggia con i banchieri

Il credit crunch, la stretta creditizia che blocca i nuovi finanziamenti, continua a mettere in croce famiglie e imprese italiane, come sottolineano Bce, Bankitalia, Confindustria e associazioni di categoria. Ma le banche, contro cui si punta il dito, fanno bene i loro calcoli nel ponderare rischi e rendimenti legati alle loro risorse. E quelle concesse in prestito sono sicuramente un’occasione meno ghiotta rispetto agli investimenti in titoli di Stato a breve scadenza, soprattutto quando resta da colmare il gap patrimoniale nel confronto con gli altri istituti europei.

A evidenziare numeri e ruolo del sistema bancario italiano, anche in relazione alla lotta all’evasione fiscale, è uno studio della nota bisettimanale Lab News, di Cgil Fisac e Isrf (Istituto di Studi Ricerche e Formazione della Fisac) e Lab (Lavoro Assicurazioni Banche), a cura di Nicola Cicala e coordinata da Nicola Maiolino. Uno studio che giustifica alcune scelte controverse e contestate dai non addetti ai lavori e dai sindacati. Per questo la ricerca della Fisac-Cgil ha destato l’attenzione dei banchieri.

Perché le banche preferiscono i titoli di Stato

Che le banche preferissero puntare sui bond statali piuttosto che sui prestiti a imprese e famiglie non è una novità, ma ecco i numeri che dimostrano il perché, partendo da motivazioni legate al rispetto dei vincoli patrimoniali. “I vincoli di liquidità – si legge nello studio – creano un incentivo a detenere titoli di Stato prevedendo un impegno patrimoniale sostanzialmente nullo su di essi ed elevato sugli Impieghi a famiglie e imprese”. Prendendo in considerazione i margini medi su titoli di stato a tre anni e su nuovi impieghi a famiglie e imprese, “l’effetto sul patrimonio dei titoli di Stato è positivo (+0,9) e negativo sui prestiti a imprese e famiglie (-0,4). Lo stesso vale per la rischiosità: 0 per i titoli di Stato e -0,6 per Impieghi a famiglie e imprese; costo del rischio: -0,3 per i titoli di Stato e -1,0 per Impieghi a famiglie e imprese”.

Non solo meno rischio e meno impatto sul capitale, ma anche, e soprattutto, margini di guadagno più ampi. “Il margine di guadagno al netto dei costi indiretti è nullo nel caso di prestiti a famiglie e imprese (0,1) anche a causa della normativa europea (Basile 3)”. Svetta invece a 2,5 nel caso dei titoli di Stato a tre anni”.

Il confronto sul capitale con le banche europee

Ma il focus sul capitale e sui valori del Tier 1 (la parte del patrimonio composta da capitale azionario e da riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte), suggerisce lo studio Cgil, sembrerebbe necessario anche nel confronto degli istituti italiani con i competitor europei. “I dati del Fondo Monetario Internazionale mostrano che il sistema bancario italiano presenta valori del Tier1 inferiori a quasi tutti i principali paesi europei. Dai dati del Lab emerge che anche i livelli del Core Tier1 dei principali 5 gruppi italiani sono sensibilmente inferiori alla media degli altri principali 12 gruppi europei, ma è importante notare come nell’ultimo anno il divario si sia fortemente ristretto, passando da 1,7 punti percentuali nel primo trimestre 2011, a soli 0,5 punti a settembre 2012”, si legge.

Ecco la tabella Cgil relativa ai requisiti patrimoniali delle banche italiane ed europee

Lotta al sommerso: più controlli in banca

E se si finisce per accusare le banche di bloccare il normale circolo creditizio, lo studio Lab News evidenzia, d’altra parte, la loro importanza nella lotta al sommerso. “Il fisco chiede sempre più aiuto alle banche per la lotta all’evasione. Nel giro di due anni è cresciuto a due cifre il numero dei contribuenti per cui l’agenzia delle Entrate ha usato indagini finanziarie a supporto degli accertamenti. E nell’ultimo quinquennio è cresciuto costantemente il numero delle verifiche in banca”, conclude la nota bisettimanale Cgil.



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