Nel dibattito sul futuro di Scelta civica e sull’opportunità o meno di fare un “partito dei cattolici”, dopo le interviste al vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta e al capogruppo di Scelta civica alla Camera Lorenzo Dellai, si inserisce l’intervento di Rocco Buttiglione, presidente dell’Udc.
È irrilevante la fede cristiana per l’impegno politico? Qualcuno sostiene questa tesi e, sia chiaro, è totalmente legittimato a farlo. Chi lo fa, naturalmente, si autoesclude per sua scelta dal dibattito in corso nel cattolicesimo italiano e nelle Chiese cristiane in Europa sulla necessità di un nuovo e più forte impegno dei cristiani nella storia. Non credo che a Scelta Civica convenga fare questa scelta.
Può darsi che non siano molti in Italia gli elettori che si pongono questo problema ma ho l’impressione che essi siano particolarmente numerosi fra gli elettori (e gli eletti) di Scelta Civica, tanto da costituire forse la maggioranza e forse una cospicua minoranza sia degli uni che degli altri. Escludere sia gli uni che gli altri dalla sintesi di culture che Scelta Civica dice di perseguire significa annunciare la fine di Scelta Civica, significa cioè dire che le donne e gli uomini che hanno una cultura cattolico/democratica o popolare farebbero bene a cercare altrove la propria collocazione politica. A chi interessa una Scelta Civica che sia una riedizione del Partito Repubblicano della I Repubblica?
Naturalmente affermare il rilievo pubblico della fede cristiana non significa evocare il blocco cattolico o il partito confessionale. Ci sono due modi di pensare il rilievo pubblico della fede. Uno è clericale, l’ altro è laico. Quello clericale vuole difendere gli interessi ed i valori cristiani in un mondo che sente ostile. Per ottenere questo risultato è pronto ad allearsi con chiunque gli prometta la protezione di quegli interessi e valori. Non è che sia sbagliato difendere quei valori e quegli interessi. Il difetto è che non si assume responsabilità per il destino del proprio popolo e si abdica alla propria responsabilità civile in nome della difesa della istituzione ecclesiastica. Il secondo metodo parte invece non dalla difesa dei propri valori ed interessi particolari ma dall’affronto delle grandi questioni della vita nazionale.
La domanda è: quale contributo di idee e di uomini possono dare i cristiani per affrontare e risolvere oggi i problemi della nazione e dell’Europa e per costruire il bene comune nazionale ed europeo? Adenauer, De Gasperi, Schuman, Helmut Kohl, Aldo Moro sono partiti da questa domanda. Non hanno certo rinunciato ad incorporare valori ed interessi cristiani e cattolici nella loro sintesi politica orientata al bene comune, non li hanno però mai affermati contro il bene comune. Nel fare questo si sono incontrati con tutti gli uomini di buona volontà che hanno condiviso la loro visione del bene comune ed il loro programma politico. Non hanno costruito il blocco cattolico ma grandi partiti democratici nei quali c’è stato posto per tutti quelli che ne condividevano i valori ed i programmi.
In una società pluralista il compito di costruire il bene comune richiede necessariamente il concorso di uomini che hanno diverse ispirazioni e convinzioni filosofiche e religiose. A questi uomini non si deve però mai chiedere di considerare queste motivazioni come irrilevanti per l’azione politica. Questo è importante non solo per i cristiani ma per tutti i cittadini. O vogliamo forse una politica solo pragmatica e priva di qualunque riferimento ideale e di valore?
Un risultato importante di un impegno cristiano laico nella politica è stata la economia sociale di mercato altamente competitiva e socialmente sostenibile. Questa formula, a cui si è richiamato a suo tempo il governo Monti, è stata a lungo la formula politica della Democrazia Cristiana tedesca e poi del Partito Popolare Europeo. Essa è anche entrata nei Trattati che regolano la vita dell’ Unione. È diventata senso comune europeo. È stata proposta dai cristiani e poi riconosciuta da tutti come valida, giusta ed umana. I democristiani non ne rivendicano l’esclusiva. Fa però un po’ sorridere vedere qualche deputato di Scelta Civica spiegare che Scelta Civica non può aderire al Ppe perché portatrice di una nuova originalissima ed inedita formula politica che sarebbe appunto la… Economia Sociale di Mercato altamente competitiva (dimenticano in genere di aggiungere “ed ecologicamente sostenibile”).
“Scelta Civica non deve essere un partito cattolico” ci dice con insistenza qualche suo autorevole rappresentante. Ma non è quello il punto. Il problema è un altro: Scelta Civica vuole parlare con i cattolici? Scelta Civica crede che la cultura, l’elaborazione e la storia dei cattolici democratici e popolari siano una ricchezza a cui attingere o un fardello di cui sbarazzarsi? Per essere politicamente concreti la questione è quella del Partito Popolare Europeo, perché il Ppe è la espressione di gran lunga più rilevante di quella cultura nella Europa di oggi. Hic Rhodus, hic salta. Certo è difficile definire la propria identità politica attraverso la economia sociale di mercato (altamente competitiva ed ecologicamente sostenibile) e poi teorizzare che proprio in forza della scoperta di questa nuova ed inedita formula politica con il vecchio Ppe non si vuole avere nulla a che fare.