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Chi sale e chi scende al Meeting di Rimini

Grazie all’autorizzazione di Class Editori, pubblichiamo l’articolo di Giorgio Ponziano pubblicato sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi.

L’edizione numero 34 del Meeting dell’amicizia, l’annuale convention di Comunione e Liberazione, non passerà agli annali per l’ovazione riservata a Enrico Letta. Tutti i presidenti del consiglio di turno si sono cimentati in pedana (come rifiutare l’invito di un tassello così importante per quantità e influenza del mosaico cattolico?) e sono stati omaggiati per via di quella contiguità col potere politico che il vertice di Cl non ha mai negato.

Da Giulio Andreotti a Silvio Berlusconi, da Pier Luigi Bersani a Mario Monti fino a Letta: tutti applauditi e il leit moitiv non è certo nella continuità politica di questi leader, che non c’è, ma nel fatto che i ciellini (che hanno una longa manus economica nella Compagnia delle Opere, che fattura 70 miliardi di euro in parte grazie ad appalti pubblici) hanno un’anima governativa e si trovano bene accanto a chi siede a Palazzo Chigi, chiunque esso sia.

Non è una novità quindi il bagno di folla ciellina di Enrico Letta. La vera novità del Meeting di quest’anno è il fratricidio che si sta consumando nelle sale della fiera di Rimini. Quello di Roberto Formigoni, fino a ieri deus ex-machina del fronte politico di Cl, stella cometa del movimento: don Alberto Giussani si occupava di spiritualità e di anime, Formigoni sbrigava gli affari correnti. La morte di don Giussani aveva rotto questo tandem di ferro che era riuscito a creare dal nulla un movimento cattolico in grado di offuscare tutti gli altri, comprese le Acli. I successori di don Giussani erano meno inclini a deleghe in bianco e magari incominciavano a sentire puzza di bruciato. Così quando è scoppiato il caso delle spese allegre della Regione Lombardia, dei faccendieri alla greppia della sanità, delle vacanze non trasparenti del presidente della Regione, Formigoni non è stato difeso fino ad arrivare al defenestramento di questi giorni, lui, tra gli ideatori del Meeting, privato di qualsiasi ruolo, non inserito nell’elenco dei relatori, non invitato alle cene che contano. Eccolo allora darsi da fare nei corridoi, stringere mani, aqggirarsi tra la sala Neri e quella Mimosa, parlare con i giornalisti, disquisire sul suo animo ciellino, minacciare la guerriglia interna contro quelli che ormai sono i suoi avversari al vertice di Cl.

È il Meeting del fratricidio ma anche, ed è forse questo lo schiaffo che Formigoni non si aspettava, quello della repentina sostituzione. Del resto, qui siamo in terra cattolica e quindi Cl sa bene che morto un Papa se ne fa un altro. Cancellato Formigoni, ecco al fianco del direttore del Meeting, Sandro Ricci, del presidente Emilia Guarnieri, del presidente della ciellina Fondazione per la sussidarietà, Giorgio Vittadini, del portavoce Alberto Savorana, il pidiellino Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture da sempre in sintonia coi ciellini, ma finora bloccato dall’attivismo formigoniano. È lui che fa gli onori di casa quando arriva Enrico Letta, è a lui che è affidato il convegno più importante del Meeting, è lui che interviene con l’autorità del nuovo leader sulla macchina organizzativa. Insomma, è lui ora il trait d’union tra Cl e la politica. La chiusura dell’era Formigoni significa anche la chiusura dell’era Berlusconi: i ciellini guardano oltre e hanno il loro uomo nel centrodestra che nascerà dopo l’estate e hanno pure un altro interlocutore che conta, il ministro della Difesa, Mario Mauro.

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