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Dassault, il nuovo grattacapo di Eads e Hollande

L’ad di Eads Tom Enders non ha ancora messo nel cassetto le slides della presentazione del nuovo piano di ristrutturazione del gruppo, che si ritrova già alle strette tra investitori e socio d’onore, il governo francese. Un azionista “dell’1%”, il fondo Tci, ha chiesto all’ad la cessione della quota del 46% di Eads in Dassault Aviation, ritenuta non strategica.

Peccato che quella quota sia blindata da un patto con Parigi, a cui eventualmente sarebbe riservato un diritto di prelazione. E in discussione, quindi, non ci sarebbe solo la cessione della partecipazione, ma anche l’impossibilità del presidente François Hollande di poterla rilevare, stretto tra piani di dismissioni e rientro dallo sforamento del deficit.

La richiesta di Tci

Il fondo Tci (The Children’s Investment Fund), secondo quanto riporta il Financial Times, ha scritto a Enders chiedendogli di vendere uno degli asset più sensibili e sfidando apertamente il management della società dell’aerospazio e il governo francese. L’hedge fund, il cui stile aggressivo ha guadagnato notorietà tra i gruppi europei, ha sottolineato che Eads dovrebbe cedere immediatamente la sua quota da 4 miliardi di euro in Dassault Aviation, un player strategicamente importante della difesa francese e produttore del jet Rafale fighter.

Nella lettera, prosegue il quotidiano della City, Tci ha dichiarato che la quota di Eads in Dassault è “un uso povero del capitale”, “senza sinergie” e “con un valore strategico limitato”.

Un test per dimostrare la “normalità” del gruppo

“Lei ha ribadito che Eads adesso è una ‘società normale”, si legge nella lettera riferendosi al tetto alle partecipazioni dei governi di Parigi e Berlino che è stato deciso nella prima parte dell’anno per bloccare le interferenze statali nel gruppo. “Questo sarebbe un test importante per dimostrarlo, e non vediamo nessuna giustificazione per ritardare il processo di cessioni”. La società, sarebbe il ragionamento di Tci, dovrebbe usare i ricavi delle vendite per avviare un buy back o per pagare un dividendo speciale. L’hedge fund attivista, che ha fatto ottimi affari negli ultimi due anni e che naviga a gonfie vele anche nel 2013, detiene una quota che supera l’1% di Eads, si evidenzia nella lettera.

Il piano di Enders per Airbus

La sfida di Tci mette sotto pressione l’ad Enders e arriva solo a pochi giorni dalla presentazione del nuovi piano di ristrutturazione di Eads, il colosso che sarà ribattezzato Airbus, dal nome del gruppo dell’aerospazio civile che rappresenta il suo asset più importante. E il processo, è stato annunciato, è l’esempio di come il gruppo sia ora libero di prendere decisioni strategiche svincolandosi dalle interferenze statali, come quelle tedesche che hanno portato al fallimento del progetto di fusione voluto da Enders con la britannica Bae Systems. L’ad, illustrando il piano e la revisione delle partecipazioni di minoranza, ha dichiarato che “la strategia, chiaramente, è essere nel business che controlliamo ogni volta che sia possibile”. E Tci ha colto l’occasione al volo, e adesso vuole inchiodare Enders a quella promessa, secondo quanto ha spiegato una fonte al Financial Times.

Il patto con Parigi su Dassault

E, sebbene la quota del 46% di Eads in Dassault frutti un “buon” dividendo, i funzionari più importanti del colosso franco-tedesco potrebbero essere in linea con la richiesta di Tci, confermando quindi che non ci sono sinergie strategiche derivanti dalla partecipazione. Ma, guardando al ruolo di Parigi in Eads, il gruppo non è molto libero di vendere Dassault. Il gruppo di Enders e il governo francese, che detiene ancora una quota del 12% in Eads, hanno cementato a giugno il loro patto per cui la società deve consultare Parigi per ogni decisione importante in merito alla partecipazione in Dassault Aviation. L’accordo, che ha durata di 90 anni, garantisce inoltre a Parigi un diritto di prelazione su ogni quota riguardante un asset strategico per l’industria della difesa francese.

Il silenzio francese

Sebbene il piano del governo socialista sia quello di dismettere alcune delle grandi partecipazioni pubbliche francesi, per asset totali d 100 miliardi di euro, Parigi dovrebbe mantenere il controllo sulle partecipazioni strategiche, incluse quelle nel settore della difesa. Il governo non ha fatto sapere se ha intenzione o meno di acquistare le azioni in Dassault, ma certo, sotto pressione per ridurre il deficit e debito pubblico, difficilmente Hollande sarebbe in grado ora di aggiudicarsi la quota, se anche volesse.

Il progetto incompiuto di consolidamento della difesa francese

Dassault, presieduta dall’88enne Serge Dassault, detiene il 26% di Thales, il più grande produttore di elettronica per la difesa. Si è speculato molto sulla possibilità che Parigi potesse reggere i fili di un consolidamento della difesa francese riunendo Dassault, Thales e Safran, la casa produttrice di motori aerei di cui Parigi è un grande azionista. Ma Dassault ha resistito a lungo e la Francia di Hollande si mostra ora svogliata, per un motivo o per l’altro, di chiudere l’operazione.


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