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Egitto, una crisi nata in Occidente

Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi sul quotidiano Italia Oggi

È bene dire subito che, sulla vicenda egiziana, non si sa bene che cosa l’Europa abbia fatto. In un primo momento si era detto che avrebbe sospeso tutti gli aiuti destinati al Cairo. Poi è stato precisato che essi non sono stati sospesi ma che «sono in discussione». Infine è stata ventilata la possibilità di bloccare le forniture militari, in base alla tipica regola Tafazzi, come se, ai generali egiziani, oggi, servissero dei cacciabombardieri e non delle pallottole di gomma, delle autoblindo anti-sommossa, dei camion con idranti più manovrabili e potenti.

Insomma, anche questa volta, l’Europa è ferma alla gesticolazione. Sempre meglio, intendiamoci, che assumere decisioni autolesionistiche, destinate, in pratica, cioè al di là delle affermazioni declamate, a peggiorare la situazione degli egiziani. Oltretutto, l’Europa è, da sempre, assente da queste grandi vicende geopolitiche che pure esplodono sul suo uscio di casa (basterebbe pensare a ciò che avvenne nella ex Iugoslavia) perché, al di là della volontà politica, non dispone di un’unica politica estera e, men che meno, di un’unica forza militare.

Inoltre, ciò che è successo in molti Paesi del Nord Africa è il frutto della miopia demagogica di un Barack Obama senza visione degli affari del mondo, che, dal suo discorso del Cairo in poi, ha abbattuto, con la sua politica da baraccone, tutti gli ostacoli che ha incontrato per strada, tagliandosi, per di più, ogni via di uscita. Obama ha infatti creduto che i Fratelli musulmani fossero una forza politica confessionale ma anche democratica.

E invece, puntando su di essi, come se i Fratelli, nati negli anni 20 del secolo scorso, fossero il nuovo, ha spianato la strada a una forza integralista pericolosissima, non solo perché pesantemente infiltrata da al Qaeda ma anche perché è decisa a imporre con la forza il suo credo estremista agli egiziani (che, non a caso, si erano rivoltati ben prima che intervenisse l’esercito).

Eleggendo Morsi come premier i Fratelli musulmani avevano gettato il velo (non quello delle loro donne, però) e si erano subito impegnati a realizzare una dittatura ancor più invasiva e totalitaria di quella di Mubarack che, quanto meno, non si proponeva di controllare anche le coscienze dei suoi cittadini.

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