Non ripetere gli errori del passato. I responsabili delle diplomazie di Mosca e di Roma scelgono quasi le stesse identiche parole per mettere il freno a mano sull’ipotesi di un attacco militare occidentale ai danni della Siria di Assad. Emma Bonino sceglie il microfono “amico” di Radio Radicale per esprimere la posizione “scettica” del governo italiano che si aggiunge a quella tedesca.
Le ripercussioni potrebbero essere molto gravi, ha detto il ministro degli esteri italiano e in effetti il pur ampio fronte degli interventisti (dall’Arabia Saudita alla Turchia passando per la posizione più discreta ma non meno determinata di Israele) non sembra riuscito a convincere ancora l’amministrazione Obama. Nello stesso Consiglio per le Relazioni Internazionali (Cfr) sono crescenti le voci dei “realisti” che consigliano di tenere alta la pressione sul regime di Damasco ma senza impegnarsi in un conflitto dagli esiti incerti.
Dal punto di vista del nostro Paese, la posizione espressa dalla Bonino non è nuova anche se giunge dopo molti giorni di silenzio nei quali verosimilmente il governo avrà discusso delle varie opzioni sul campo. Così, pur partecipando ai briefing militari ad Amman, l’Italia continua a perseguire una linea di forte dialogo con Assad che prevede non solo una relazione molto stretta con la Russia (decisiva nelle valutazioni della signora Merkel) ma anche la conferma dell’apertura alla nuova presidenza di Rowhani in Iran.
A questo bisognerebbe aggiungere anche la posizione della Chiesa italiana. Nella giornata di ieri infatti si sono registrate le dichiarazioni del Papa e del Nunzio a Damasco: entrambi hanno invocato soluzioni pacifiche sottolineando l’errore di un eventuale intervento militare. E non è un caso che proprio poco fa i ribelli siriani abbiano ricordato quali rischi corra padre Dall’Oglio, rapito proprio da un gruppo affiliato ad Al Qaeda e che vorrebbe rovesciare il regime di Assad.
Insomma, per l’Italia la posizione di estrema prudenza sul dossier Siria è obbligata ed unisce le due sponde del Tevere. Naturalmente, però, se alla fine i nostri alleati (riuniti sotto l’ombrello della Nato) decideranno di premere sul grilletto, le divise con il tricolore non faranno mancare il loro supporto. Anche perché – nel caso di attacco – una delle principali basi logistiche sarà proprio in Italia, in Sicilia.