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Facebook farà i soldi con la pubblicità. Anzi no

Facebook comincia a capire come trasformare la sua piattaforma da 1,15 miliardi di utenti in macchina da soldi. Secondo indiscrezioni pubblicate da Bloomberg, il social network si preparerebbe a entrare in concorrenza addirittura con la tv, ospitando nelle sue pagine dei video promozionali di 15 secondi che saranno venduti a un prezzo oscillante da 1 a 2,5 milioni di dollari al giorno.

L’idea di Facebook è di capitalizzare i milioni di utenti che si collegano quotidianamente (il 61%), anche più volte al giorno, e soprattutto nell’ambita fascia di prima serata (90-100 milioni di persone solo negli Stati Uniti).

Altra fonte di entrate in costante crescita per Facebook sono gli introiti generati dalle pubblicità mobili, come ha rivelato l’ultima trimestrale. Il social network ha messo a segno ad aprile-giugno 2013 utili e ricavi sopra le attese degli analisti (488 milioni di dollari di utili, 1,18 miliardi di ricavi); i ricavi prodotti su dispositivi mobili hanno rappresentato il 41% del totale, più del 30% dei tre mesi prima. Gli utenti attivi mensilmente attraverso dispositivi mobili hanno raggiunto 819 milioni di unità, un balzo del 51% rispetto al secondo trimestre del 2012.

Nel complesso, Facebook rappresenta ancora una piccola parte del business della pubblicità digitale e, come tutti i siti Internet, deve guardarsi dal rischio saturazione dell’utente, ma ha una marcia in più: chi è iscritto e annoiato dalla pubblicità non abbandonerebbe Facebook, piuttosto pagherebbe per non vedere più le ads. Lo farebbe già il 15% degli utenti di Facebook, secondo un sondaggio di Greenlight, pagando anche più di 10 dollari al mese.

Il co-fondatore di Twitter, Biz Stone, è arrivato a suggerire che Facebook potrebbe raccogliere 1 miliardo di dollari al mese se soltanto il 10% dei suoi utenti aderisse a un servizio premium che preveda di pagare 10 dollari per evitare la pubblicità. Una proposta che lascia molti analisti scettici, ma non sembra poi così peregrina, considerata la crescente invasione delle “bacheche”.



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