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Francia, bizzosa e guerrafondaia ragazzina

Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi uscito sul quotidiano Italia Oggi.

Il gioco è sempre lo stesso. La Francia è una ex grande potenza. Lo si sa chiaramente dalla seconda guerra mondiale quando venne asfaltata in poche settimane dalle truppe tedesche. In quel caso però, vinse ugualmente la guerra (grazie agli alleati) combattendola però, anziché con le truppe, con dei discorsi radiofonici da Londra di De Gaulle. In forza di questo speaker, sedette, arbitrariamente ma anche in modo redditizio, fra le quattro potenze vincitrici.

Con il passare degli anni, il ruolo della Francia è precipitato. La sua lingua, salvo che in qualche paese africano e in una parte del Canada, non si parla più al di fuori dai suoi confini. Ha un pil che è di solo il 20% superiore a quello dell’Italia. Ma tenta ancora di inserirsi nelle grandi contese internazionali, giocando (e sperando che non si veda) il ruolo del ragazzino attaccabrighe e brufoloso che fa scoppiare le risse in classe e poi chiede l’intervento del gigante. Sperando di apparire come colui che ha vinto il confronto.

Il suo proditorio e unilaterale attacco alla Libia di Gheddafi ha seguito questo copione. Fino a che Gheddafi faceva affari con Parigi, la Francia lo considerava un interlocutore imbarazzante (Sarkozy però non esitò a offrigli i giardini presidenziali per consentirgli di piazzare le sue tende). Ma quando Gheddafi fece gli affari con l’Italia, Parigi decise di abbatterlo. E, per abbatterlo, scatenò la guerra, salvo poi chiedere che, alla Francia che non ha i mezzi militari nemmeno per abbattere Gheddafi, si unissero gli Usa e gli altri paesi Nato (che avrebbero dovuto stare a casa perché nessuno di loro era stato attaccato dalla Libia, requisito essenziale per potersi muovere).

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