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Gli Usa annunciano la guerra alle armi chimiche. Conflitto militare più vicino in Siria

John Kerry ha parlato a nome degli Stati Uniti d’America e del presidente Barack Obama. Il segretario di Stato ha pronunciato il suo statement con circa 50 minuti di ritardo. In questo lasso di tempo è stata data la notizia di un colloquio tutt’altro che risolutivo fra il presidente russo Putin ed il primo ministro inglese Cameron.

Da Mosca è rimbalzata con forza la convinzione di non voler consentire un intervento militare contro Bashar al-Assad. Nel frattempo, non senza difficoltà, gli ispettori delle Nazioni Unite sono arrivati nel luogo dell’attacco chimico che ormai non è più presunto ma drammaticamente reale.

I media americani iniziano a scrivere che sarebbero state trovate “tracce” relative all’origine dei gas utilizzati. Probabilmente, a Foggy Bottom Biden ha atteso fino all’ultimo tutti gli aggiornamenti e non è escluso che abbia voluto risentire il presidente Obama impegnato fino a poco tempo prima nella cerimonia di consegna della Medaglia d’Onore al sergente Ty Carter.

Alla fine, Kerry è arrivato in sala stampa ed ha letto la dichiarazione. Lo ha fatto con un volto teso ma un tono fermo, deciso. Gli Usa confermano che l’uso delle armi chimiche non può essere tollerato e che ormai quanto accaduto in Siria non è più negabile. Ha usato parole forti il segretario di Stato. Intendeva rivolgersi ad al-Assad ma forse anche ai cittadini americani che i sondaggi descrivono molto scettici su un possibile intervento della propria nazione.

Eppure, la risposta di Washington è oggi più vicina. Si aspetta l’impronta sulla pistola fumante anche se nessuno pare in grado di scommettere che sia possibile risalire ai veri autori della strage chimica (forze lealiste o ribelli).

Quando e come interverranno i militari Usa? Da Kerry non è giunta una risposta chiara. Troppo presto ma non così lontano come potrebbe sembrare anche dopo una giornata in cui gli alleati di Assad (Russia e Iran) hanno suonato la carica della loro retorica.

Lo stesso fronte europeo è diviso con Francia e Gran Bretagna determinati ad andare avanti ad ogni costo e Germania ed Italia che hanno ribadito la necessità di una soluzione multilaterale.

L’orrore del gas nervino dovrebbe scuotere le coscienze in tutto il mondo, ha insistito Kerry. Lo stesso giorno in cui Foreign Policy ha pubblicato documenti Cia declassificati che proverebbero la complicità degli Usa nel devastante attacco chimico condotto dall’allora alleato Saddam Hussein contro l’Iran.

La coincidenza temporale non è molto favorevole ma difficilmente i media Usa affonderanno il coltello nella piaga ma è chiaro che gli ambasciatori delle Nazioni Unite, supportati dal livore che alligna nel Palazzo di Vetro dopo le rivelazioni di Snowden che proverebbero l’attività di spionaggio dell’Nsa all’Onu, non risparmieranno nessun colpo.

Toccherà quindi ai player regionali (Turchia, Arabia Saudita, Israele e Qatar) assumersi la grande parte della responsabilità dell’eventuale attacco a Damasco. All’Amministrazione Obama resta comunque la patata bollente di un dossier che la vede coinvolta suo malgrado. Il segnale di condanna all’uso delle armi chimiche che Kerry ha voluto esprimere in mondovisione è chiaro e condivisibile.

Quello che accadrà dopo e che si deciderà alla Casa Bianca è ancora largamente indecifrabile. Anche se l’eco dei jet si fa ogni ora più forte.



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