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Google e Facebook al soldo dell’intelligence Usa? I nuovi veleni di Snowden

Il ciclone Snowden colpisce ancora. Questa volta ad essere investita è la Silicon Valley e non solo. La pubblicazione con il contagocce dei numerosi file raccolti illegalmente dall’ex collaboratore della National Security Agency (Nsa) contiua ad alimentare polemiche e indiscrezioni spesso smentite. L’inglese Guardian rivela che proprio la Nsa avrebbe versato milioni di dollari nelle casse dei colossi tecnologici americani che hanno partecipato al programma segreto di sorveglianza Prism. Il denaro tra l’altro sarebbe servito a gruppi come Google, Yahoo, Facebook e Microsoft per affrontare eventuali spese amministrative e legali connesse al loro coinvolgimento nel programma.

Una sentenza del 2011 della Foreign Intelligence Surveillance Court – il tribunale segreto istituito dal Foreign Intelligence Surveillance Act (Fisa) entrato in vigore nel 1978 – aveva stabilito che Prism era illegale e violava il quarto emendamento alla Costituzione. Così l’Nsa aveva fornito rimborsi economici ai gruppi tecnologici per produrre maggiori certificazioni e nascondere la loro partecipazione diretta al programma.

Il Guardian sottolinea come Facebook e gli altri colossi tecnologici venissero pagati con il denaro dei contribuenti americani. Tutte le aziende citate dai documenti consegnati da Edward Snowden – l’informatico che ha fatto scoppiare il Datagate – hanno sempre negato qualsiasi coinvolgimento diretto nel programma della Nsa.

La risposta di Google non si è fatta attendere. Un suo portavoce smentisce quanto scritto dal quotidiano britannico e sottolinea che la sua società non ha mai “preso parte a Prism o ad alcun programma governativo di sorveglianza”. “Non diamo ad alcun governo l’accesso ai nostri sistemi e forniamo ai governi i dati degli utenti solo nel rispetto della legge. Stiamo aspettando la risposta del governo americano alla nostra istanza nella quale chiediamo di poter rendere pubblici più dati relativi alle richieste di sicurezza nazionale, cosa che mostrerà che il nostro rispetto delle leggi americane di sicurezza nazionale ha una portata di gran lunga inferiore rispetto alle affermazioni infondate che ancora oggi vengono fatte sulla stampa” ha puntualizzato il portavoce.

Come non bastasse questa polemica, dall’Inghilterra gli spifferi di Snowden rimbalzano negli Stati Uniti dove il Wall Street Journal pubblica la notizia secondo cui in diverse occasioni funzionari della Nsa hanno usato i programmi di sorveglianza Usa per spiare i loro partner. Si è trattato – ha voluto chiarire il quotidiano economico – di pochi casi avvenuti negli ultimi 10 anni. Le attività di spionaggio riguardanti i propri partner, secondo la ricostruzione, venivano catalogate con il nome LOVEINT, seguendo la prassi delle agenzie di intelligence di aggiungere il suffisso INT al tipo di informazioni raccolte. Le fonti hanno precisato che la gran parte delle violazioni sono state denunciate dagli stessi responsabili, che sono poi stati puniti con sanzioni di carattere amministrativo o il licenziamento.

La senatrice democratica Dianne Feinstein, che presiede al Commissione Intelligence, ha fatto sapere di aver appreso dall’Nsa di una serie di “casi isolati” commessi negli ultimi 10 anni, aggiungendo che le attività di spionaggio non sarebbero state commesse all’interno degli Stati Uniti, ma all’estero.

Precisazioni e smentite quindi che non fermano però la pioggia di notizie vere e false che vengono propinate all’opinione pubblica internazionale con il solo scopo di indebolire il sistema di difesa degli Usa e dei suoi alleati. Dalla Russia Snowden non tratterrà i sorrisi nel vedere compiersi uno dei più grandi attentati alla rete di intelligence americana.



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