Siria, Libano, Egitto. Il dossier mediorientale è tornato in questi giorni la prima preoccupazione delle cancellerie occidentali. E ad essere in ansia per un eventuale attacco armato americano a Damasco è anche Israele, che teme per ritorsioni all’interno dei suoi confini. Ma la potenziale uscita di scena della Siria sconvolta dalla guerra civile garantisce a Tel Aviv una strategicità rinnovata. Con un Pil in crescita del 5%, può contare, e usare come arma di ricatto, su una nuova via della seta che passa in territorio israeliano, alternativa a quelle siriane ed egiziane bloccate dalle rivoluzioni.
Un nuovo corridoio
Come risultato della guerra in Siria, che è sempre stata il corridoio tra Turchia e Medio Oriente, il binario commerciale che passa attraverso Israele verso e dalla Giordania e i Paesi arabi del Golfo ha guadagnato un’importanza strategica notevole. La sua crescita, spiega il Financial Times, dimostra la forza dei legami economici tra Israele e Turchia, nonostante le insurrezioni politiche nella regione e il rancore strisciante nelle relazioni bilaterali che ha causato il blocco del processo di riconciliazione di cui si è fatto mediatore il presidente americano Barack Obama a marzo.
La tratta dei commerci
Secondo Israele da quando è stata aperta questa strada nello scorso novembre, circa 2000 camion turchi sono arrivati via mare ad Haifa. Da qui, i camionisti di Ankara proseguono verso la parte nord di Israele fino al confine con la Giordania da cui poi proseguono il loro viaggio. E oltre ai camion, il confine giordano è diventato un mercato fiorente per grano, mais e animali.
Se finora il governo israeliano è rimasto in silenzio su questo corridoio commerciale si sta oggi riconoscendo la sua importanza, che rende il Paese un porto per i beni in transito nel Medio Oriente infiammato dai conflitti. “Il passaggio israeliano è la strada più economica, veloce, breve e sicura nella regione”, ha spiegato Yael Ravia-Zadok, a capo del Bureau of Middle Eastern Economic Affairs del ministero degli Esteri israeliano. “E’ un buon esempio del fatto che quando c’è bisogno, gli attori della regione riescono a cooperare con Israele per trovare delle soluzioni”.
Il boom dell’economia israeliana
L’economia di Tel Aviv è cresciuta del 5% nel secondo trimestre, nonostante la guerra in Siria e l’acuirsi della crisi in Egitto e Libano, anche se le prospettive di un intervento americano a Damasco hanno fatto sgonfiare la Borsa israeliana in questi giorni. E nonostante il gelo nelle relazioni internazionali, l’export israeliano in Turchia è cresciuto del 60% a 1,5 miliardi di dollari dal 2009 e l’import da Ankara è salito del 40% a circa 2 miliardi di dollari.
Una nuova arteria commerciale
I numeri sono incoraggianti, e Il governo israeliano spera che la strada che da Haifa arriva in Giordania possa diventare un’arteria fondamentale per i commerci regionali. La seconda via, ancora in uso ma a rischio, passa dall’Egitto, con i cargo che arrivano a Port Said, nella tratta che porta al Sinai. “La necessità è la madre di tutte le invenzioni”, ha sottolineato un funzionario del governo israeliano. “Il governo turco non è esattamente il nostro più grande fan, ma quando si tratta di soldi, la cooperazione è anche nell’interesse di Israele”.