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La guerra tra Pd e Pdl su giustizia e Cav.? Tentare un “compromesso politico” !

 

Che cosa succederà, se il Pd dovesse, il prossimo 8 settembre, far passare, con Grillo e Vendola, la decadenza del Cavaliere da senatore? “Un minuto dopo -lo ha preannunciato Daniela Santanchè-  i nostri ministri non sarebbero più seduti allo stesso tavolo con i carnefici di Berlusconi. Si dimetterebbero”.

“Napolitano – ha aggiunto la leader delle “pitonesse” e dei “falchi” pidiellini-è il vero capo del Pd e quindi convochi  Letta ed Epifani e dica loro di non votare la decadenza di Berlusconi da senatore. Devono sapere tutti che, nel governo Letta, ci sono cinque Berlusconi. Siamo tutti con il nostro leader, siamo tutti condannati. Non possono pretendere di isolare Berlusconi dal Pdl !”.
Benchè un illustre costituzionalista, Guzzetta, abbia bocciato la norma, contenuta nella legge Severino-che prevede la decadenza degli eletti, stangati a oltre 2 anni- e sostiene che potrebbe, se applicata a Berlusconi, provocare al Parlamento una “condanna” dell’Unione Europea, la maggioranza del Pd resta favorevole al “cartellino rosso” per il Cav.
Un nodo intricato, politico molto di più che giudiziario.
E il premier, Letta, come ha fatto a Rimini, non può che limitarsi ad abbozzare una “strategia di sopravvivenza”, pur consapevole che le possibilità di intervento del governo sulla pesante e delicata situazione giudiziaria dell’ex premier sono nulle. E Letta ha indicato come urgente la riforma della legge elettorale, alla quale, sinora, tuttavia, tre diverse maggioranze ( quelle che sostennero Prodi, Berlusconi e Monti) non hanno mai messo mano, pur sottolineandone l’urgenza.
Si torna, dunque, alla necessità di tentare di uscire da quella che uno storico, Giovanni Orsina, ha definito la “guerra civile”, occupandosi, in un saggio, dei 20 anni di berlusconismo. Un lungo periodo, che cominciò nel 1993, quando il Parlamento commise un autogol, rinunciando all’immunità parlamentare e favorendo quell’uso politico della giustizia, di cui il Cavaliere si dichiara vittima. Con le vecchie regole, introdotte non da infami golpisti ma dai padri Costituenti-  relatore un giurista illustre come Mortati-ogni potere aveva le sue regole. E sul caso Berlusconi il Parlamento avrebbe, autonomamente, deciso.
Oggi c’è il primato della magistratura, che minaccia il leader-non domo e tutt’altro che disponibile a fare un passo indietro- di una forza di minoranza che, quando aveva la maggioranza, non è riuscita ad attuare la separazione tra politica e giustizia.
E, dunque, non resta che auspicare, come fa Orsina, che i duellanti, per uscire dallo stallo, arrivino a riconoscere dignità allo schieramento avversario. Un compromesso politico, di competenza dei partiti, e non di Napolitano, che richiederebbe fantasia e coraggio. Perchè ? Risponde lo storico : “l’Italia non è un Paese normale. Negli ultimi 20 anni, la vita politica italiana è stata un garbuglio di anomalie, che si sono alimentate le une con le altre. E, dalle situazioni anomali, ci si può districare, solo battendo sentieri eccezionali !” Almeno, provateci !
Pietro Mancini


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