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L’impronta ecologica e la finanza al Meeting di Rimini

Nel mio intervento di oggi affronterò il tema  dei rapporti che intercorrono tra ecologia, economia e sostenibilità sociale.  Advantage Financial è infatti già da tempo impegnata su questi temi,  e una dimostrazione di questo lavoro è la pubblicazione di un documento sulla relazione tra impronta ecologica e finanza d’impresa con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente.
La riflessione della scienza economica sul tema del rapporto fra ambiente, sostenibilità e crescita economica mostra oggi non più una contrapposizione,  e un puro costo, ma li vede come elementi fondamentali e complementari di un nuovo modello di crescita basato sull’innovazione e la ricerca. (..) Questa visione va ad arricchire il territorio e a inserire al suo interno nuovi elementi di impulso anche all’occupazione, con grandi opportunità per le giovani generazioni. Queste infatti si sentono più partecipi e protagoniste di un modello di crescita migliore e più equilibrato, dove la loro istruzione riesce ad avere un vero impatto positivo sulla realtà circostante.  Questo tuttavia senza nulla togliere all’occupazione esistente, ma incidendo così nello specifico sull’occupazione giovanile. I giovani quindi assumono un ruolo paragonabile a quello del periodo della grande ricostruzione dell’Italia nel secondo dopoguerra, in quanto vanno a ricostruire un nuovo modo di operare sul territorio, nonostante non ci siano macerie per la strada – ma solo una società in via di frantumazione, con grande disoccupazione e mancanza di idee. Gli ingredienti di questo modello virtuoso di crescita, che definiamo in Advantage col termine COSTRUIRE, sono la riqualificazione dell’ambiente in una prospettiva di sostenibilità economica, finanziaria e sociale.

Rispetto al passato infatti,  la distanza di opinione tra ecologisti e economisti  si è molto attenuata. Abbiamo economisti importanti e ortodossi come William Nordhaus, o Jeffrey Sachs, che sottolineano la gravità del problema ecologico, legato in particolare al riscaldamento globale, e la centralità della sostenibilità sociale nello sforzo di crescita. Nel contempo, un gigante della strategia aziendale, Michael Porter, ha recentemente sviluppato il concetto di “Shared Value” (“Valore condiviso da tutti gli stakeholder”), che dovrebbe sostituire lo “Shareholder Value” (“Valore – solo – per gli azionisti”) come obiettivo strategico delle aziende più lungimiranti. In Italia, un simile approccio dovrebbe essere applicato a tutte quelle filiere del valore aggiunto che caratterizzano in modo positivo la competitività del Paese nel mondo (il cosiddetto “made in Italy”), facendo dell’Italia un importante “hub” (snodo) di sostenibilità a tutto campo, con tutti i benefici che ne derivano.

Per quel che riguarda l’ambiente, un contributo importante alla ricerca di un approccio unitario al problema dei rapporti tra ecologia ed economia viene proprio dal concetto di impronta ecologica. Questo è basato su un modo innovativo di intendere la contabilità dell’ambiente, e quindi usa uno schema concettuale, il bilancio, che è caro agli operatori economici, introducendo il concetto di “debiti” e “crediti” ecologici, che vengono misurati in ettari pro capite.  Nel bilancio dell’impronta ecologica, i debiti ecologici, o biocapacità,  rappresentano il valore della capacità rigenerativa della Terra di fornire fonti essenziali come l’acqua e il suolo fertile, nonché di neutralizzare rifiuti nocivi e inquinamento. I crediti, invece, sono la misura del nostro impatto – l’impronta ecologica propriamente detta – compresa l’estrazione di risorse naturali, emissioni di CO2,  inquinamento e rifiuti, che necessitano tutti di essere assorbiti dagli ecosistemi.

Il Primo Rapporto Advantage Ecological Footprint

Advantage Financial ha affrontato in modo innovativo il rapporto fra economia, finanza e sostenibilità.

La prima linea di attacco al problema dei rapporti tra sostenibilità e finanza riguarda la relazione tra impronta ecologica delle aziende e costo del debito.  Questo modo di vedere le cose è forse meno diffuso rispetto alle moltissime discussioni sul rapporto tra impronta ecologica e valore di borsa, che non hanno dato finora grandi risultati. Eppure è abbastanza naturale vedere il rischio legato all’ecologia come un rischio di tipo catastrofale, che dovrebbe avere un impatto più sui proprietari di strumenti di debito aziendale che non sugli azionisti.

Se guardiamo su una scala temporale sufficientemente  lunga, è ben noto da alcuni recenti lavori  di storia, che una delle ragioni principali, se non la principale, del crollo delle civiltà nella storia è proprio legata alle catastrofi ecologiche. Possiamo pensare ad esempio al lavoro di Jared Diamond, intitolato “Collapse”, che mostra svariati esempi di questi tipo, dall’Isola di Pasqua alla fallita colonizzazione della Groenlandia da parte dei Vichinghi.   Un lavoro meno noto, ma complementare, ed anche precedente in termini di pubblicazione,  è quello di Joseph Tainter, che mostra come le civiltà crollino sotto il peso della loro complessità e fragilità. E’ chiaro che catastrofi di questo tipo abbiano un impatto molto forte sul valore delle attività del sistema che ne viene interessato, e quindi intacchino in maniera pesante il rapporto tra creditori e debitori.

Le moderne economie di mercato sono sufficientemente decentralizzate da permetterci di osservare come i singoli operatori gestiscano il rapporto tra l’impronta ecologica e sociale ed il rischio catastrofale, che per un’entità economica è la bancarotta. In altre parole, la nostra tesi è che la performance ecologica delle aziende è molto più legata al rischio di fallimento che alla creazione di nuovo valore, e tende quindi ad ad avere un maggiore impatto sul prezzo delle obbligazioni che su quello delle azioni. Analizzare questo nesso  è proprio quanto abbiamo fatto nel nostro “Advantage Ecological  Footprint”.  Ciò è particolarmente cruciale in Italia dove, come visto nel grafico precedente il rapporto fra biocapacità e impronta ecologica rimane avverso, tanto quanto il nostro debito nazionale.
Il Primo Rapporto Advantage Ecological Footprint, elaborato dal team di ricerca interno insieme al team di advisors internazionali e con il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente esplora il rapporto tra le misure di impronta ambientale, delle aziende quotate europee, americane e italiane, e il loro costo del debito. Utilizzando una varietà di metriche mostra che il mancato rispetto delle norme ambientali è associato ad un più alto costo del debito e ad una più elevata probabilità di insolvenza. Questo è particolarmente visibile nel nostro Paese. Sembra che la migliore pratica ambientale non solo porti a una crescita maggiore e sostenibile, ma anche che sia possibile allineare questo obiettivo con gli interessi a lungo termine delle imprese e delle varie parti interessate – i cosiddetti “stakeholder” –     quindi diminuzione del costo del debito e leadership nei settori di appartenenza.
Il dibattito sul rapporto tra performance aziendale e sostenibilità attraverso il rispetto dell’ambiente è complesso. La nostra prospettiva è quella di dare un peso quantificabile al mancato rispetto di una forma di rischio grave per l’azienda (al limite, di bancarotta). Quindi ci si aspetta che il rispetto ambientale sia particolarmente importante per i detentori di debito aziendale. Ci sono stati studi accademici che hanno dimostrato  l’impatto sul mercato molto negativo di disastri ambientali come la Exxon Valdez (fuoriuscita di petrolio nel 1985) e il più recente della fuoriuscita di petrolio causata da BP nel Golfo del Messico nel 2010. Nel nostro lavoro siamo in grado di estendere questi risultati in modo significativo utilizzando un’ampia banca dati (fino a 3.000 osservazioni), a livello di impresa, di carattere ambientale, sociale e di governance, compilati per le aziende nordamericane e per l’Eurozona.
Nel nostro lavoro siamo stati in grado di costruire per la prima volta una misura quantitativa di performance ambientale riducendo una serie di indicatori ad un singolo indicatore, che è poi stato rapportato a misure del costo del debito. I nostri risultati mostrano che  Il mancato rispetto di politiche ambientali standard del settore è un importante previsore di potenziale dissesto finanziario. Mentre alcuni continuano a credere che il rispetto ambientale sia un onere inutile che può causare difficoltà finanziarie e il fallimento aziendale, i nostri risultati sono invece coerenti con la considerazione, opposta, che il rispetto ambientale sia fortemente correlata alla gestione della qualità, in quanto riflette la capacità della società di rispondere alle tendenze di lungo termine e mantenere un vantaggio  competitivo.
Come andare avanti lungo questa strada?

Il nostro lavoro ha utilizzato un campione di aziende che pubblicano volontariamente i dati sulla sostenibilità. Si tratta però delle aziende maggiori. Il prossimo obiettivo della ricerca già in corso d’opera è quello di  estendere questi risultati a un campione più ampio e rappresentativo della struttura dell’economia italiana, includendo quindi le aziende medie e piccole.

L’obiettivo è quello di poter correlare, anche per questi soggetti, la performance ecologica al loro costo del debito, il che permetterebbe non solo di favorire ulteriormente il ricorso di questi soggetti  allo strumento dell’emissione di obbligazioni, e quindi di favorire la loro crescita, ma di valutare anche la sostenibilità della loro crescita, ancorandone il costo del debito ad indicatori di sostenibilità ecologica e sociale.

Questo lavoro si cala nel contesto del protocollo di cooperazione con il Ministero dell’Ambiente, firmato dal Ministro Clini, che prevede la creazione di un Comitato consultivo e la redazione di una serie di documenti di studio su un periodo di tre anni. Il Progetto Advantage COSTRUIRE prevede inoltre l’erogazione di Premi a favore dei migliori progetti presentati in questo ambito sul territorio Italiano (e potenzialmente anche all’estero), che coniughino ambiente, sostenibilità e riqualificazione economica del territorio all’interno di un business plan profittevole e ben definito.

Vorrei anche spendere qualche parola sul tema della misurazione della performance ecologica e della sostenibilità sociale delle Aree Municipali. Il tema è di estrema rilevanza in quanto le aziende non sono i soli soggetti che hanno un’impronta ecologica, e le aree urbane e le società di servizi da queste attratte, sono per loro natura un altro soggetto che contribuisce in maniera massiccia all’impronta ecologica e all’impatto sulla sostenibilità sociale.  Molti studi infatti mostrano che l’urbanizzazione, ed in particolare quella delle aree a grande densità, tende ad avere un’impronta ecologica controllabile.  Poiché le amministrazioni municipali sono in grado di influenzare, tramite gli strumenti amministrativi, la destinazione dei suoli e altro, e poiché esse sono alla ricerca di un sistema per poter finanziare le loro spese, sarebbe possibile correlare l’impronta ecologica e sociale delle amministrazioni con il costo, e la possibilità, di emettere obbligazioni municipali, purché finanzino progetti redditizi, innovativi e qualificati socialmente.  Un requisito fondamentale per la crescita è in ogni modo la capacità delle aree urbane di offrire una fiscalità attrattiva così che servizi innovativi e sostenibili possano svilupparsi  al loro intorno, così come è successo in altri paesi (USA, UK, Svezia), dove le aree urbane sono divenute dei centri virtuosi di agglomerazione e crescita sostenibile. Purtroppo questo è un tema non facile da affrontare nel nostro Paese, dove l’amministrazione pubblica, anche a livello locale, raramente ha caratteristiche di trasparenza, imprenditorialità, ed efficienza, qualità essenziali per attrarre gli investimenti.

Un aspetto correlato è quello che riguarda l’efficacia delle norme a difesa dell’ambiente. In Europa le norme sono oggi probabilmente troppe e anche a livello globale manca una visione omogenea della regolamentazione dell’ambiente, che non  ha confini e richiede un approccio comune, in Europa come in Cina o in Russia.

La sostenibilità, occorre ricordare, non è fatta solo di sostenibilità ecologica ma anche di sostenibilità sociale. Possiamo considerare almeno tre aspetti della sostenibilità sociale delle aziende: come trattano i lavoratori, come trattano i clienti, e come trattano la comunità.  La concessione di credito dovrebbe tenere conto anche di questi elementi. In questo particolare ambito, possiamo affermare che il flusso di informazioni sui comportamenti delle aziende che è pubblicamente disponibile è ancor più limitato che nel caso della performance ecologica.  Ciò detto, Advantage Financial sta già lavorando anche su queste informazioni affinché anche in questo campo la finanza possa fare da sprone per incentivare i comportamenti più virtuosi di quelle imprese dove i lavoratori preferiscono lavorare e dove i clienti apprezzano effettivamente il prodotto, o il servizio, offerto, e le comunità sono orgogliose di averle nel loro territorio, perché oggetto distintivo e positivo. Un primo spunto viene da alcuni studi effettuati sul mercato americano che mostrano come “Le migliori aziende per cui lavorare”, sono anche quelle che segnano la migliore performance di borsa di lungo periodo.

Grazie alle nuove tecnologie informatiche e ai social media ogni anno l’insieme di informazioni sulle prestazioni delle aziende, delle città e dei territori continua ad aumentare, ed il gap informativo continua a ridursi.  Sono sicuro che la possibilità di analizzare l’interfaccia tra impronta ecologica, performance economica e finanziaria e sostenibilità sociale non potrà che crescere nel tempo.  Advantage Financial è molto attenta a quest’area e crediamo che, anche grazie alla collaborazione con gli altri player del settore, e dei nostri advisors, tra cui Stephen Brown della NYU-Stern School of Business, impareremo sempre meglio ad utilizzare la finanza per ridurre l’impronta ecologica.

Per chiudere vorrei sottolineare ancora un concetto fondamentale, ovvero che il nostro Paese è il candidato naturale ad essere leader nella valorizzazione del rapporto fra uomo, ambiente, società e crescita economica, in quanto queste caratteristiche sono intrinseche della nostra cultura, del nostro territorio e delle nostre aziende a dimensione d’uomo.

 


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