Mentre in Italia si dibatte sulla regolamentazione, anche regionale, dell’attività di lobbying, in America infuria la polemica sui legami tra gruppi di pressione e politici non a Capitol Hill ma durante vacanze lussuose in Cina, Scozia e Medio Oriente. Viaggi pagati dai lobbisti americani, che hanno dato vita a quella che negli Usa sembra un’industria in pieno fervore e che sfugge a crisi e recessioni.
I viaggi al centro delle polemiche
I parlamentari americani, sottolinea Reuters, stanno ancora sfruttando la loro posizione privilegiata per spassarsela in viaggi in Cina, Medio Oriente e Scozia finanziati da gruppi privati, con richieste legislative ben precise, scatenando le polemiche sulla correttezza dei membri del Congresso. “E’ denaro ben speso da parte delle lobby, non per i cittadini americani”, spiega Craig Holman, lobbista del gruppo a tutela dei consumatori Public Citizen.
La reazione allo scandalo Abramoff
Il Congresso ha deciso un giro di vite su questi viaggi nel 2007 dopo lo scandalo che ha coinvolto molti repubblicani con legami stretti con il lobbista Jack Abramoff, che aveva lavorato per la loro elezione nel 2006. Nel 2005 sono stati finanziati circa 5mila viaggi, costati ai lobbisti 10 milioni di dollari. Un picco che è calato a 1846 viaggi nel 2006 e sceso ancora dopo le riforme degli anni successivi. Ma nell’ultimo periodo il fenomeno ha ripreso ad aumentare, pagato da ordini corporativi, lobbisti, università e governi stranieri, come quello cinese. Le gite nel 2013 fino ad oggi sono state 1363, al costo di 3,2 milioni di dollari secondo i dati del gruppo indipendente LegiStorm.
Le lobby high-tech
Jeff Joseph, portavoce dell’associazione Consumer Electronics che rappresenta colossi come Google, Microsoft, Apple, LG e Samsung, ha sottolineato che i critici di questi viaggi hanno una visione “miope”. Lontano dalla frenesia di Capitol Hill, i legislatori, spesso accompagnati dalle famiglie, hanno la possibilità di “affrontare problemi regolatori con le industrie di riferimento. In sostanza possono toccare con mano quelle tecnologie su cui dovranno legiferare”, ha dichiarato. Un meccanismo, certo, che spinge i politici a prestare particolare attenzione alle lamentele e agli interessi dei gruppi privati che per una settimana pagano loro hotel, vitto e trasporti.
La riforma del 2007 ha previsto delle eccezioni al divieto di finanziare questi viaggi, considerando legali quelli pagati da educatori e gruppi caritatevoli. Un buon appiglio per le lobby americane, che hanno di conseguenza creato organizzazioni non profit che sfuggono allo stop deciso dal Congresso.
Quanto vale l’industria del lobbying
Sforzi e raggiri che valgono il gioco. Quella del lobbismo sta diventando infatti un’industria di massa in America, e a prova di recessione. Un giro d’affari da 100 milioni di dollari all’anno che impiega migliaia di praticanti e staff di supporto. Il suo prodotto? L’arte di convincere i membri del Congresso, di chi siede in poltrone importanti e chi, da candidato, spera di arrivarci. E il lobbying politico ha trovato terreno fertile in Massachusetts, sottolinea wbur.org.
Se nel 2005 c’erano solo 800 lobbisti registrati, nel 2012 il numero è cresciuto a 1600 secondo uno studio Associated Press. Per avere un’idea, nel 2005 i lobbisti hanno finanziato la campagna elettorale di legislatori, candidati e altre figure politiche nel Massachusetts con 943,540 dollari. Cifra che nel 2012 è salita a oltre 1,215 milioni di dollari.