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Caro Renzi, molla il Pd

Questo commento è stato pubblicato su La Gazzetta di Parma

Vengo anch’io? No, tu no! Nel Pd tutto è ancora in alto mare, ma almeno una cosa appare chiara da tempo: alla nomenclatura Matteo Renzi non piace. Ancora non si sa se il prossimo congresso di novembre (novembre?) sarà anche l’occasione per fare le primarie. Mancano, inoltre, le regole, che il partito si darà entro settembre, forse. Il futuro segretario potrà correre anche da premier, o guai a confondere il sacro col profano? (dove per sacro è da intendersi, naturalmente, il capo del Partito).

Sì, dalle parti del Pd regna l’indecisione sovrana. E in pieno Ferragosto certo non arriveranno le scelte pretese su date, procedure, doppi incarichi possibili o vietati. Ma chiaro come il sole è che nulla faranno i dirigenti del partito per rendere più semplice, rapida e incisiva la corsa del sindaco di Firenze, che pure i sondaggi danno come il più gradito a un’alta fetta di elettori non solo di centro-sinistra. Ma attenzione: Enrico Letta ormai lo tallona da vicino e, secondo alcuni, già potrebbe averlo superato in questa gara virtuale al candidato con maggiori opportunità di vincere le elezioni politiche.

Nonostante la presenza di molti e cosiddetti renziani, malgrado in queste mesi tante diffidenze sul temuto rottamatore siano cadute, al Partito il nome di Renzi fa venire l’orticaria. Troppo impulsivo, e chiacchierone, e ideolgicamente trasgressivo: senza il marchio progressista -meno che mai: comunista- all’origine della “ditta”, come simpaticamente Pierluigi Bersani chiama il Partito. E allora la domanda è questa: se per il Pd Renzi non è la carta vincente, che ci fa Renzi nel Pd? Perché rischiare la bocciatura per la seconda volta con primarie discutibili, pietoso eufemismo? Perché non puntare a guidare l’Italia forte delle sue forze e della dimostrazione d’indipendenza, cioè di carattere?

Se Renzi vuole archiviare la vecchia politica, dia lui per primo l’esempio, candidandosi al di fuori dello storico e consunto blocco Pd-Pdl. Anche dalle parti del centro-destra, tra l’altro, la forzata uscita di Silvio Berlusconi dalla scena attiva dopo la condanna definitiva apre una prospettiva del tutto nuova, specie dopo il no di Marina a prendere il testimone politico di padre in figlia. I leader passano, ma l’elettorato rimane. E che elettorato.

Dai tempi della Dc, dunque da quasi settant’anni, il popolo non di sinistra è sempre stato maggioritario in Italia. Persino nei momenti più intensi di mobilitazione -le politiche del 1948 e le europee del 1984 dopo la morte di Enrico Berlinguer, leader del Pci-, tutta insieme la sinistra non superò un terzo dei voti degli italiani. La stessa percentuale, del resto, che in tempi più recenti (2008) Walter Veltroni fece raggiungere al Pd: il 33 per cento, massimo storico.
Dunque, per aspirare a palazzo Chigi, Matteo Renzi dovrà per forza di cose, e di voti, pascolare anche e a lungo nella prateria del centro-destra. E gli sarà più facile farlo, senza l’ombra del Pd che, oltretutto, non ha alcuna voglia di lanciarlo nell’agone.

Ma si può aspirare al governo senza un partitone alle spalle? Il percorso di Beppe Grillo, che ha raggiunto il 25 per cento dei consensi privo di strutture organizzative sul territorio, testimonia che si può. Eccome, se si può: contano le idee, la credibilità della persona, la capacità di comunicare, non più la quantità delle tessere in sezione. Molto lascia intuire, inoltre, che il futuro asso nella manica del Pd, con legittime e fondate ragioni, potrebbe essere Enrico Letta: chi d’altronde, se non il rassicurante presidente del Consiglio in carica, e magari con qualche buon risultato in economia nel frattempo ottenuto?

E allora, se non si dà una mossa e non si propone come un rottamatore del logoro equilibrio Pd-Pdl, superandolo, Matteo Renzi rischia di finire come l’Incompiuto del tempo che verrà. Il postino suona sempre due volte, e una ha già suonato. Che un giorno del sindaco di Firenze non si dica: voleva governare l’Italia. Ma non ebbe il coraggio dell’unica scelta realistica e romantica: candidarsi a farlo.

Il coraggio secondo Matteo.

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