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“Patent trolling”, la pratica sui brevetti che fa male all’innovazione

I brevetti e la tutela della proprietà intellettuale sono elementi essenziali per lo sviluppo economico e tecnologico. Hanno permesso ai consumatori di usufruire dell’innovazione, garantendo allo stesso tempo a individui e imprese un ritorno economico per il loro lavoro. I brevetti costituiscono la linfa dell’innovazione, in quanto permettono agli “inventori” (che bel termine, quasi in disuso nel linguaggio quotidiano) di percepire una remunerazione per la loro creazione. Tuttavia, le complesse tendenze evolutive del sistema dei brevetti e delle tecnologie hanno portato anche all’affermazione di comportamenti discutibili, che creano inefficienze e distorsioni, quando non corruzione.

I “patent pools”
Facciamo un passo indietro. I cosiddetti “patent pools” sono stati un sistema efficace ed efficiente per stimolare il progresso tecnico-scientifico. Due o più aziende si accordano per scambiarsi licenze relative ad una particolare tecnologia, accelerando il processo di innovazione di entrambe. Purtroppo, negli ultimi anni, questa pratica è degenerata con l’entrata in scena dei “parassiti dei brevetti” (patent trolls), ovvero quei soggetti che acquistano brevetti senza un reale intento di produrre o innovare. L’obiettivo non esplicito, ma facilmente individuabile nella pratica di tali soggetti, è quello di guadagnare facendo causa alle aziende che violano i loro brevetti. Alla base della pratica, in altre parole, giace una logica perversa secondo la quale, attraverso le cause, i proprietari di brevetti ottengono di fatto maggiori profitti di quelli derivanti dalla loro eventuale commercializzazione.

In alcuni casi il detentore di brevetti non ha neanche bisogno di arrivare a citare in giudizio un’azienda: gli basta minacciare di farlo, di fatto costringendo l’impresa a comprare il brevetto. Questo secondo caso si rivela ugualmente nocivo, soprattutto in considerazione del fatto che i brevetti sono spesso acquistabili solo in “pacchetti”. Ciò implica che l’azienda interessata ad acquistare un brevetto particolare da un troll si trova obbligata ad acquistarne anche una serie di altri, ad un prezzo molto svantaggioso.

In alcuni casi, i proprietari delle patent pool non aggiustano i costi delle proprie licenze seguendo cambiamenti nell’andamento del mercato. Per fare un esempio (ma ce ne sono molti), la società statunitense MPEG LA – titolare del pool che detiene i brevetti per la tecnologia di compressione video utilizzata nei televisori e nelle console da gioco, si rifiuta di abbassare i prezzi della licenza, sebbene oltre la metà dei brevetti contenuti nella “Pool” scadrà entro l’anno prossimo. Attraverso un sistema contrattuale come dire, che impegna i clienti ben oltre la durata dei brevetti, MPEG LA è responsabile dell’aumento dei costi in uno dei settori più dinamici dell’economia. A rimetterci sono troppo spesso i consumatori e l’innovazione.

La degenerazione del sistema e gli effetti sul mercato
Si tratta della degenerazione di un sistema – quello dell’acquisto di brevetti da parte di investitori – che era in principio pensato per favorire la ricerca e l’innovazione, in particolare nel settore delle nuove tecnologie, e che invece si trova adesso bloccato a causa di logiche che nuocciono seriamente al buon funzionamento del mercato ed agli interessi dei consumatori. La questione è stata di recente affrontata pubblicamente dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il quale ha chiesto che la proliferazione del fenomeno venga arginata da una regolazione in materia, che ripristini un ruolo “costruttivo” per i proprietari di brevetti, disincentivando la “tesaurizzazione” dei brevetti tipica del patent trolling.

Così come si configura attualmente, la pratica del patent trolling ha effetti disastrosi sul mercato. Innanzitutto, essa ha conseguenze fatali sulla concorrenza. Non commercializzati, o commercializzati sotto forma di “pacchetti” dal prezzo molto elevato, i brevetti vengono di fatto resi accessibili alle sole grandi aziende, tagliando fuori definitivamente piccole e medie imprese. La diminuita concorrenza ha, a sua volta, effetti negativi sui prezzi al consumatore. In secondo luogo, questi meccanismi incidono negativamente sulla capacità delle imprese di innovare. Se i brevetti fossero resi meno accessibili, le aziende offrirebbero un numero inferiore di prodotti d’avanguardia, finendo quindi con una capacità più limitata di competere sul mercato globale. Gli effetti sul benessere generale dell’economia dell’area interessata si dimostrerebbero molto severi.

Un problema urgente da affrontare
La pratica del “patent trolling” necessita dunque di essere affrontata con grande urgenza, dalle istituzioni politiche e dalle autorità antitrust. Negli Stati Uniti, il tema è già oggetto di un confronto molto acceso tra gli operatori economici, ma è anche arrivato sui banchi del Congresso, tra i cui membri c’è chi ha accusato il Dipartimento di Giustizia di inattività. Occhi aperti anche in Europa: a breve il patent trolling verrà percepito per quel che è, una pratica che rischia di frenare profondamente l’innovazione del mercato.


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