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Sarà Obama a risollevare la crescita mondiale e non la Cina

Il Fondo monetario internazionale (FMI) ha di recente rivisto al ribasso le previsione di crescita mondiale, al 3,1%. Si tratta di uno tra i tassi di crescita più bassi dall’avvio della crisi, nell’estate del 2007. Le sorti dell’economia mondiale risentiranno soprattutto del dato relativo agli emergenti, che dal +5,3% previsto ad aprile scende al +5%, una soglia che, ad esclusione che nel 2009, dal 2003 non era mai stata toccata. Dal punto di vista prospettico è soprattutto il dato cinese a destare interesse, il Fondo ha infatti ridotto di 0,3 punti la stima di crescita per il 2013 (a 7,8%), e di 0,6 punti quella del 2014 (a 7,7%).
Pur con ritmo di crescita inferiore al passato la Cina continua a contribuire alla crescita mondiale più di ogni altro paese. Ciò che appare più problematico è il tentativo (auspicato dallo stesso Governo) di passare a un modello basato in maggiore misura sui consumi interni, riducendo quindi la dipendenza dalla domanda estera e dagli investimenti (che oggi contano per il 47% circa del prodotto nazionale contro il 40% precedente la crisi globale). Il passaggio non sembra semplice: nei primi cinque mesi del 2013 gli investimenti fissi lordi sono aumentati del 20,4%, dopo il +20,6% del 2012.

Con il rallentamento della Cina diviene difficile individuare, almeno nel breve periodo, nuovi motori tra gli emergenti. Nel sostenere l’economia mondiale potrebbe in parte subentrare il Giappone, con una ulteriore spinta data dal Governo Abe; tuttavia da più parti si è cominciato a ipotizzare una sorta di ritorno al passato, ossia un’economia mondiale spinta dal vecchio motore americano, alimentata dal carburante dei consumi della classe media, a loro volta sostenuti da un mercato immobiliare in ripresa. L’ipotesi può avere fondamento, ma dopo una lettura attenta dei dati rimane controversa.
Le condizioni in cui versa oggi la domanda della classe media americana, tra le più colpite dalla crisi dei mutui subprime, non ne farebbero un candidato ideale a sostenere la crescita mondiale nel lungo periodo, ma i consumi privati americani rappresentano ancora pur sempre circa il 16% della domanda mondiale. È lo stesso Fondo a sottolineare come negli Stati Uniti la domanda privata quest’anno e il prossimo dovrebbe rimanere solida, grazie alla ripresa del mercato immobiliare e a condizioni finanziarie che rimangono ancora molto accomodanti.

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