La Francia non si farà influenzare dal dietrofront del Regno Unito nel conflitto siriano. François Hollande continua a ritenere necessaria un’azione contro Damasco come risposta all’uso di armi chimiche dello scorso 21 agosto.
In un’intervista con Formiche.net, Jean-Pierre Darnis, responsabile di ricerca dell’Istituto Affari Internazionali (Iai) e professore associato all’Università di Nizza, ha spiegato la posizione della Francia sulla Siria: “Credo che l’interventismo faccia parte del dna della Francia e della sua tradizione storica. Dalla Rivoluzione francese e forse anche prima. Negli ultimi tempi (con la Libia nel 2011, con il Mali nel 2012 e ora con la Siria) lo strumento militare è stato usato negli scenari di interesse”, ha detto Darnis.
La lezione del Mali
Secondo l’analista l’esperienza dell’intervento militare in Mali, e prima ancora quella in Libia, sono serviti alla Francia per prendere consapevolezza dell’importanza dell’uso della forza militare nella politica pubblica nelle zone di interesse economico e geo-strategico. Una posizione diversa da quella più pacifista di Germania e Italia, ad esempio.
Ascoltare la Bonino
L’atteggiamento interventista della Francia non muta a seconda dei partiti politici al governo, perché è stato così sia con la destra di Nicolas Sarkozy sia con la sinistra di Hollande. In più, secondo Darnis, la convinzione che in Siria “bisogna fare qualcosa” ha un importante consenso nell’opinione pubblica.
Secondo l’analista, Hollande si è dimostrato recettivo al ragionamento del ministro degli Affari esteri italiano, Emma Bonino, che ieri è andata a Parigi per discutere la questione.
Basta avere il sostegno di Washington
È poco probabile, secondo Darnis, che la fermezza francese di intervenire contro il regime di Assad cambi la tiepidezza degli altri Paesi europei. “Ma la Francia ha capito che può prendere una decisione indipendente. Anche se tecnicamente e militarmente sarebbe difficile, con l’appoggio degli Stati Uniti le forze transalpine sono sufficienti. Poi ci sono le monarchie dell’Arabia Saudita e il Qatar, che premono per un’azione pro sunnita e anti-sciita che rientra in considerazioni di politica estera”, ha spiegato l’analista.
E le speranze di una soluzione diplomatica?
Dopo tutti gli sforzi compiuti fino ad ora non sembra esserci speranza di una soluzione politica al conflitto in Siria. “È una situazione politica molto difficile. Non si tratta di buoni contro i cattivi. Ma non ci sono le premesse per un epilogo diplomatico”, ha spiegato Darnis.