Grazie all’autorizzazione dell’autore, pubblichiamo il commento di Federico Guiglia uscito sulla Gazzetta di Parma.
Visto da vicino, Matteo Renzi sembra un leone in gabbia. L’assemblea nazionale del suo partito ha deciso di non decidere sulle regole del gioco, e il fiato di Enrico Letta ormai il sindaco di Firenze lo sente sul collo. Il caos evidente nel Pd e l’invisibile antagonista alla presidenza del Consiglio complicano, così, la corsa di Renzi per prendere il posto di Guglielmo Epifani, il segretario di passaggio. Voleva “vincere facile”, il giovanotto. Sembrava di poterlo fare dopo la sconfitta di misura alle precedenti e contestate primarie col più navigato Pierluigi Bersani. Alle prossime dell’8 dicembre – sempre che le elezioni interne si tengano quel giorno: nessuno può oggi garantirlo -, sarà il cinquantaduenne e meno consunto e conosciuto Gianni Cuperlo a sfidare il favoritissimo. Ma in questo contesto di grande confusione sotto il cielo, la vittoria annunciata per ora resta solo annunciata.
Visto da lontano, Matteo Renzi sembra una farfalla (farfalla: non farfallone, ancora) che vola di pianta in pianta e di intervista in intervista. Una farfalla piena di colori, e perciò piacevole da osservare. Ma inafferrabile. Addirittura “inaffidabile”, secondo l’impietoso giudizio che gira nell’ambiente di Letta, dove si considera doppiamente insidioso l’eventuale arrivo del sindaco alla guida del Pd: perché ne rafforzerebbe la futura candidatura a primo ministro, e perché nel frattempo Matteo sarebbe la spina più pungente nel fianco di un governo già malfermo di suo.
Dunque, il rischio per Renzi è uguale, ma opposto a quello corso nel recente passato, quando perse le primarie, ma vinse la scommessa politica sul futuro. Il rischio, adesso, è di vincere le elezioni nel Partito, ma di perdere quelle nel Paese. Matteo Renzi: un grande avvenire dietro le spalle, ecco il pericolo che sta correndo il più quotato corridore della politica.
Sono almeno due le nuove e forti perplessità intorno al sindaco più popolare d’Italia. La prima è casalinga: quale fiducia può sperare di ottenere da tutti i cittadini un leader di cui non si fida nemmeno il suo stesso partito? Si dirà che le diffidenze per Renzi derivino proprio dalla paura per Renzi. Chi non lo appoggia e teme d’essere messo da parte, “rottamato” per meglio dire, per forza lo critica apertamente o velatamente! Non si fidano di lui, perché in realtà è lui che non si fida di loro. Ma c’è un ma. Il limite della contrapposizione nel Pd è l’Italia, che viene prima sia di Renzi, sia dei suoi avversari. E l’impressione che il sindaco dà, è di preferire di gran lunga se stesso al governo che oggi governa nell’esclusivo interesse nazionale. Altrimenti non sarebbe un esecutivo di larghe e, in qualunque altro momento, impossibili intese.
La seconda obiezione sull’uomo che si antepone al governo, non riguarda soltanto gli elettori del Pd. Matteo Renzi s’è imposto all’attenzione di tutti perché è un politico controcorrente. È giovane in un mondo di vecchi. È pronto a cambiare tutto in un Palazzo dove regna l’immobilismo. È capace di dire cose “non di sinistra” in un partito di centro-sinistra. Promuove soluzioni nuove, pragmatiche, anti-ideologiche. È un candidato, per così dire, “condiviso” oltre gli schieramenti, e per questo temuto non solo nel Pd, ma anche nel Pdl, dove potrebbe fare da sirena a un elettorato frastornato dalle vicende di Silvio Berlusconi. Un elettorato senza Cavaliere, che però mai voterebbe a sinistra.
Ecco, Renzi sembrava incarnare un Beppe Grillo in doppiopetto, quel giovane borghese che dice con coraggio le cose che tanti pensano.
Ma nelle ultime settimane, forse per accreditarsi dentro un partito che non lo vuole, perché in buona parte lo considera un corpo estraneo, Renzi ha annacquato la sua grinta di rinnovatore/rottamatore. Ha diluito le sue riflessioni “non di sinistra”. E, soprattutto, al lontano ma concreto giro d’Italia in camper a tu per tu con gli italiani, ha sostituito una marea di chiacchiere a volte insopportabili. Ma l’elettorato di opinione, distante dai partiti, non cerca il campione delle battute, né un simpatico intrattenitore che piaccia alle nonne. Meno che mai un ragazzo sveglio che mitraglia molte parole, ma pochi robusti concetti. Che Renzi non resti prigioniero della sua ambizione né della sua verbosità, entrambe smodate, se vuole governare l’Italia. La stoffa del leader ce l’ha. Cercasi ancora quella da presidente del Consiglio.