I morti tra le file di polizia e truppe afgane sono ancora troppi e in Afghanistan serviranno almeno altri cinque anni di sostegno occidentale prima che possano combattere efficacemente da soli.
Il generale Joseph Dunford, comandante delle forze Nato nel Paese, ha affidato al Guardian le sue riflessioni sulla situazione afgana, quando sono trascorsi tre mesi dal passaggio della gestione della sicurezza in mano alle forze locali.
Il numero dei morti supera i 100 la settimana. Una cifra “insostenibile”, commenta il generale intervistato dal quotidiano britannico. Le forze di sicurezza afgane hanno raggiunto le 350mila unità. Dunford non mette in dubbio le loro capacità di combattimento, tuttavia necessitano ancora di addestramento e sostegno per quanto riguarda altri settori, come la logistica, la raccolta di informazioni di intelligence, il sostegno dell’aviazione, uno dei punti deboli delle forze armate di Kabul.
Per il prossimo anno è previsto il ritiro delle truppe combattenti della missione Isaf/Nato. La missione diventerà di addestramento e sostegno, Resolute Support, nella quale, tra gli altri, sarà impegnata l’Italia. Una missione in cui saranno schierati molti meno dei 90mila uomini ancora sul campo, ma i cui numeri non sono ancora chiari.
Molti aspetti dipenderanno dall’esito delle discussioni tra Washington e Kabul sull’accordo bilaterale sulla sicurezza, che dovrebbe comprendere tra le altre norme l’immunità per i soldati statunitensi.
Nelle scorse settimane il presidente afgano, Hamid Karzai, ha fatto sapere di non avere fretta. Gli Stati Uniti hanno posto come termine temporale, sebbene informale, il mese di ottobre e usano come forma di pressione la cosiddetta “opzione zero”, ossia l’ipotesi del ritiro completo dei propri soldati dall’Afghanistan.
“Avremo uomini qui anche nel post 2015”, si è mostrato sicuro Dunford. D’altra parte nella conversazione con il Guardian ha guardato lontano, al 2018.