Barack Obama ha parlato alla Nazione. E aspetta non solo la decisione del Congresso sull’intervento militare in Siria ma vuole dare un’altra opportunità alla diplomazia. Se Bashar al-Assad avesse deciso davvero di mettere a disposizione del controllo internazionale il suo arsenale chimico, non servirebbero bombardamenti e l’uscita dal conflitto sarebbe politica.
Alcuni analisti, però, hanno studiato la situazione e non sono ottimisti. In articolo pubblicato sul sito del think tank, Barry Pavel, vicepresidente e direttore del Brent Scowcroft Center on International Security di Atlantic Council, ha spiegato i motivi per cui restare fermi davanti alle atrocità che si compiono in Siria può essere pericoloso per tutta la comunità internazionale.
L’astuzia di russi e siriani
Secondo Pavel, Vladimir Putin e Bashar al-Assad hanno sorpassato Barack Obama in astuzia. Poco tempo fa Assad temeva la sopravvivenza del regime dopo una campagna militare americana e oggi sembra indiscutibile che rimarrà al potere.
“Solo pochi giorni fa, Assad temeva che un colpo degli Usa per scoraggiare l’uso di armi chimiche potesse degradare in modo significativo la sua capacità militare. Per questo motivo ha usato il dono del tempo ottenuto dalla decisione di Obama di chiedere l’autorizzazione del Congresso per spostare le unità militari in quartieri civili e per spostare i civili in siti militari. Ora Assad può stare tranquillo sapendo che il suo esercito rimarrà intatto, libero di continuare ad uccidere circa 5.000 siriani al mese”, ha scritto Pavel.
La solitudine dei ribelli siriani
L’analista si chiede quali saranno le sorti dei ribelli siriani moderati, quelli che non si abbandonano ad estremismi e alleanze con gruppi terroristi, ma che semplicemente lottano per un cambiamento in Siria. Contavano sul sostegno degli americani per combattere il regime di Assad “e ora, ancora una volta, devono badare a sé stessi. Il loro morale è indubbiamente colpito da un’altra delusione”, ha aggiunto Pavel.
Fare sparire l’arsenale
Sulla proposta russa che oggi discutono il segretario di Stato americano, John Kerry e il ministro degli Affari esteri russo Sergei Lavrov, Pavel è scettico. “Che non ci sia alcun dubbio. Mentre leggete questo, l’esercito siriano è occupato nella pianificazione per spostare e nascondere una parte delle sue scorte di armi chimiche e così tenerle fuori da eventuali sequestri dell’Onu, dopo avere consegnato le armi al controllo internazionale. Così Assad manterrà un arsenale di armi chimiche da usare un altro giorno, una volta la comunità internazionale avrà rivolto la sua attenzione altrove”, ha avvertito.
La Corea del Sud prende appunti
Pavel sostiene che gli alleati degli Stati Uniti nelle regioni più rischiose del mondo stanno prendendo appunti da questa situazione. “La Corea del Sud e il Giappone in Asia e Pacifico, Israele, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nel Golfo Persico; tutti hanno tratto insegnamenti dagli americani. Se questa tendenza continuerà, potrebbe essere la Corea del Sud la prossima a sviluppare armi nucleari, incerta se gli Stati Uniti li avrebbero aiutati in caso di un attacco da parte della Corea del Nord”, ha scritto.
Comunque vada, secondo Pavel, “il risultato è che, anche se sulla questione siriana delle armi chimiche si può rivendicare una vittoria tattica, il mondo resterà un posto sempre più pericoloso”.