Per gentile concessione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento di Marco Bertoncini uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Si avverte stanchezza, fra i cittadini, per l’essere l’intera politica incentrata sulla decadenza di Silvio Berlusconi. I sondaggi confermano che non tutti gli elettori di centro-destra sono propensi a chiudere l’esperienza governativa, come non tutti sono favorevoli a nuove elezioni. Può quindi darsi che il Cav preferisca, questa settimana, incentrarsi sul lancio di Fi, invece di attuare i minacciati sfracelli sulle larghe intese.
Da quel che si capisce, il ritorno all’antico sarebbe ampio, non solo nel nome e nel simbolo (sul programma, invece, conviene attendere), bensì nella consolidata identificazione tra movimento e presidente-fondatore-finanziatore. Un partito carismatico, dunque, come ha indicato con brutale franchezza Daniela Santanchè. Una sorta di formazione bonapartista, «un partito presidenziale, con a capo Berlusconi e senza segretario; così elimineremo tutti quei lacci e lacciuoli tra la gente e il presidente».
Correttamente, Fabrizio Cicchitto è sceso in polemica, ricordando che un partito che aspiri a raccogliere gli elettori non schierati a sinistra dovrebbe essere radicato territorialmente, con un gruppo dirigente pluralista e un assetto interno democratico. È facile prevedere, invece, che la nuova Fi, come la vecchia, sarà una mera cinghia di trasmissione dei voleri berlusconiani.
Già la stessa nascita di un partito sovrapposto a un altro esistente (senza che vi sia una compartecipazione nelle decisioni né fra i dirigenti né fra gli iscritti, addirittura senza che siano chiari i problemi pratici di una simile operazione) indica che vuolsi così, senza interferenze. Se sarà arduo, per Fi 2.0, serbare gli attuali seguaci, appare ancor più difficile recuperare quelli che se ne sono andati.