Il Watergate fu uno scandalo politico, scoppiato negli Stati Uniti nel 1972, che portò alla richiesta di impeachment e alle dimissioni dell’allora Presidente, Richard Nixon. E fu causato da alcune intercettazioni abusive, effettuate nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico, da parte di uomini legati al partito repubblicano, di cui faceva parte il primo cittadino USA.
Nixon resse a 2 anni di montanti bufere politiche, ma la pubblicazione del nastro, noto come “la pistola fumante”, nell’agosto del 1974, portò con sè la prospettiva di un sicuro impeachment per il Presidente, che diede le dimisioni 4 giorni dopo, l’8 agosto.
Nessun paragone è ipotizzabile tra quello scandalo e l’attuale vicenda di Silvio Berlusconi, di cui molti invocano le dimissioni, dopo la stangata definitiva, a 4 anni, di cui 3 condonati, affibbiatagli non dal suo giudice naturale. Bensi’ dalla sezione feriale della Cassazione, presieduta da un eminente giurista campano, don Antonio Esposito, toga, notoriamente, serena,”terza” e riservata.
Nel Watergate, un ruolo determinante lo svolse la libera stampa, in primis i giovani reporter del “Washington Post”, Bob Woodward e Carl Bernstein- portati sul grande schermo, nel filmone “Tutti gli uomini del Presidente, da Robert Redford e Dustin Hoffman- che investigarono su tutti i risvolti della vicenda.
Nel bel Paese, invece, i quotidiani anti-Berlusconi, in primis quelli di proprietà di un “noto sostenitore della sinistra”-come, nel suo videomessaggio, il Cav.ha definito don Carlo Benedetti, straricco dopo la stangata di 496 milioni, affibbiata dai giudici all’ex premier per il processone sul “lodo Mondadori”- hanno pubblicato alcune delle centinaia di migliaia di intercettazioni- passati alle redazioni dai soliti amici, anonimi, dei tribunali-disposte dai magistrati, che indagarono persino sulla vita privata e sull’intensa attività sessuale di Berlusconi.
E, last but not least, i “poteri forti”, 40 anni fa, a Washington, sostennero Nixon, che era stato l’avversario più tenace prima di John F.Kennedy e poi del fratello, Robert, entrambi assassinati, temutissimi dai clan mafiosi, legati al potente sindacato degli autotrasportatori e da altre influenti lobby. E il Presidente fu lasciato al suo destino solo quando i big dell’alta finanza yankee ebbero la certezza che, anche dopo la cacciata dell’esponente repubblicano, non sarebbe stata scalfita l’egemonia del potere delle multinazionali e della banche, americane e internazionali.
Invece, nel nostro Paese( sempre normale, ex on.D’Alema ?) Berlusconi, sin dalla sua discesa in politica, è stato avversato dai “poteri forti”, proprietari dei giornali più influenti e diffusi, e dai magistrati più politicizzati.E, subito dopo la sua discesa in politica, 20 anni fa, per salvare l’Italia da un governo con i post-comunisti Occhetto e Violante premier e ministro della Giustizia, il patron di “Canale 5” è stato colpito da una quantità, senza precedenti, di indagini, perquisizioni, processi e trattato come, negli Stati Uniti, il boss Al Capone.
Marcello Veneziani ha parlato di “una mattanza, che non ha proporzioni con la realtà, un’ordalia barbarica, dove il giudizio di Dio è sostituito dal giudizio dei magistrati”, bocciando “la puntigliosa ferocia, il bestiale livore, per massacrare e smontare a pezzi Berlusconi e tutto quello che attiene a lui”.
Parole forti, come l’imminente “scontro finale”, “il ricatto” dell’eterno imputato e l'”ultima chiamata” per i moderati italiani, ai quali si è rivolto, dagli schermi delle Tv, il Cavaliere. Invecchiato, certo, ma ancora in campo, al contrario di molti suoi ex avversari, ad esempio “Cicciobello” Rutelli, relegato ai margini del terreno dello scontro.
A quanti, troppo frettolosamente ed esternando il deleterio sussiego e l’inguaribile “complesso dei migliori” di tanti progresstisti, hanno intonato il “de profundis” sul combattente di Arcore, dimenticando gli otto aspiranti leaderini del centrosinistra asfaltati dal Cav.consigliamo di meditare le parole di Giovanni Minoli, un brillante “televisionista”, vicino a Craxi nella Prima Repubblica e adesso simpatizzante del PD: “Attenti, compagni, a Silvio ! Adesso si ri-propone come un rivoluzionario moderato, come un Beppe Grillo di centro. L’ultimo Berlusconi, che avevamo visto, dopo la condanna, era stanco, lacrimevole. Quello della sera del 18 settembre era un altro uomo. Lo stesso Silvio, che andò a spolverare la sedia di Travaglio, nello studio di Santoro, prima delle ultime elezioni”.
Quelle, che il centrodestra ha quasi vinto, impedendo al mediocre Bersani di “smacchiare” il giaguaro lombardo, che non va definito “gatto”, prima di averlo sconfitto, politicamente, e senza “aiutoni” giudiziari, e infilato nel sacco, caro a nonno Giuan Trapattoni.