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Deficit, sforiamo il 3% per far sopravvivere l’Italia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di Roberto Menia di Costituente Nazionale

L’interessante spunto lanciato da Massimo Egidi, Rettore della Luiss, su come sforare il famigerato 3% nel rapporto deficit-pil, senza mortificare credibilità e affidabilità dell’Italia, merita una riflessione. Egidi dalle colonne di Sette osserva come gli altri Stati lo facciano, ad esempio la Francia. Ma presentando un progetto a lunga scadenza figlio di una visione e soprattutto di un piglio riformista: la vera polizza assicurativa stipulata con Bruxelles.

Ecco il nodo strutturale dell’intera questione. Proporre agli eurovertici uno sforamento generale utile solo per pagare qualche pregresso o per dare fiato agli interessi sul debito che l’Italia ha, ma senza una cornice progettuale, sarebbe sciocco e controproducente.
Diversa invece l’impostazione che vorrebbe un vademecum, credibile e già dettagliatamente strutturato, con cui l’Italia potrebbe stimolare i “polmoni” che pmi e industrie nazionali hanno ma che, in virtù della crisi che attanaglia progettualità e sostentamento quotidiano, al momento appaiono a scartamento ridotto.

Penso alla ricerca e l’innovazione, investendo risorse sostanziali non per rivendere ma per produrre ricchezza e occupazione sul suolo nazionale; o alla garanzia pluriennale di sostegno alle nanotecnologie e allo sviluppo così come le eccellenze italiane meritano, immaginando di raccordare questa azione con nuove norme sul lavoro per abbattere il costo del lavoro che ci zavorra rispetto agli altri Paesi europei; penso a una nuova formula per attirare investimenti stranieri e fondi sovrani, anche e soprattutto grazie ad una riforma netta della giustizia amministrativa, così da impedire che una controversia di lavoro duri due lustri, con la conseguenza di mettere in fuga potenziali investitori; impedire che l’istinto di “fare cassa”, vendendo i gioielli di famiglia come Finmeccanica, Eni ed Enel sottragga al Paese il godimento di asset strategici per le future politiche nazionali.

Se quindi accanto alla richiesta di sforamento di quel 3% vi fosse una visione, fatta da politiche industriali lungimiranti accanto a riforme nette dell’infrastruttura italiana, come potrebbero gli euroburocrati impedire ciò che anche altri Paesi membri fanno?

twitter@robertomenia

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