Tutti gli occhi dell’Europa sono puntati sulla Germania. Molti sperano che il nuovo governo tedesco che si formerà dopo le elezioni del 22 settembre abbia una visione dell’Europa più lungimirante dell’approccio “step-by-step” della cancelliera Angela Merkel con la sua insistenza ossessiva sull’austerità.
Scarsa ambizione
Gli europei vogliono che la Germania, la più grande e potente economia dell’Unione europea, accetti responsabilità di leadership politica commisurate al suo peso economico. In particolare, chiedono che Berlino cambi passo su tre specifici fronti: costruzione di una solida unione bancaria, strategia di crescita e un maggiore impegno nella politica estera europea.
Tuttavia, la Germania nella quale molti sperano non è all’orizzonte. È difficile immaginare che una nuova coalizione di governo fornisca una leadership illuminata in grado di accettare grossi sacrifici a breve termine in vista di una molto più incerta stabilità politica a lungo termine.
Sono in realtà molti i vincoli che limitano la capacità di azione della Germania, ma il mondo esterno tende a ignorarli. C’è un grande divario tra le aspettative europee di un ruolo tedesco più risoluto e costruttivo e quel che la Germania può fare concretamente.
Molto semplicemente, Berlino non ha l’ambizione politica di assumersi un ruolo di leadership in tempi così turbolenti. Spera piuttosto di influenzare gli eventi con il buon esempio, spingendo gli altri stati ad adottare il modello tedesco di parsimonia interna e di competitività verso l’esterno.
È improbabile che la nuova coalizione di governo, qualunque sia la sua composizione, soddisfi le aspettative europee. Le divergenze tra la Germania ed i suoi partner vanno infatti molto al di là di disaccordi tattici su questioni politiche o economiche o sulla portata o l’ordine di proprietà delle riforme. Riflettono letture contrastanti della realtà europea e nazionale.
Esitazioni sull’unione bancaria
La Germania non cambierà posizione sulle tre questioni fondamentali summenzionate: unione bancaria, strategia di crescita e politica estera europea.
Molti vedono l’unione bancaria come la chiave per risolvere la crisi e stabilizzare il progetto europeo e temono che la Germania, con le sue titubanze, la faccia affossare. I leader politici europei hanno d’altronde preso atto che Berlino deve affrontare specifici ostacoli costituzionali sull’unione bancaria e il meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism, Esm).
L’attuale governo tedesco ritiene necessario un ulteriore cambiamento dei trattati dell’Unione prima del conferimento di nuovi poteri a Bruxelles. Solo allora l’unione bancaria potrà essere avviata.
Berlino teme che, senza questi cambiamenti, l’unione verrebbe impugnata dinanzi alla Corte costituzionale di Karlsruhe.
Per effetto di questi ostacoli giuridici e politici, è probabile che la Germania continui a tentennare sull’unione bancaria anche dopo le elezioni. L’unico fattore che potrebbe indurre la Germania a superare queste esitazioni è una nuova fibrillazione dei mercati finanziari.
È diffusa la convinzione, soprattutto negli Stati del sud d’Europa, che la Germania dovrebbe agire di più come motore dell’economia europea nel suo complesso. In breve, si chiede un’inversione di rotta della politica economica tedesca sia a livello domestico che all’interno dell’eurozona.
Ulrike Guerot è Senior Policy Fellow e dirige l’ufficio di Berlino dello European Council on Foreign Relations. Questo contributo è stato redatto con l’aiuto di Sophia Becker, Intern al ECFR Berlin.