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Forza Italia nei Popolari europei? Sì, ma solo se sarà pro euro. Parla Pöttering

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Hans-Gert Pöttering, già presidente del Parlamento europeo dal 2007 al 2009, uomo di punta della CDU tedesca ed oggi presidente della Fondazione Konrad Adenauer, ha le idee chiare su Germania, Italia ed Europa. Il triangolo più volte evocato in questi giorni (anche e soprattutto nell’area centrista moderata che si sente un po’ galvanizzata, un po’ pressata a ristrutturarsi dopo il boom elettorale di Angela Merkel) torna nelle parole che ci consegna su una terrazza del Vaticano, non appena sbarcato a Roma per una tre giorni fitta di incontri con le autorità italiane e d’Oltretevere.

Presidente Pöttering, la Cancelliera Merkel ha vinto con una percentuale invidiabile. Qual è il suo segreto?
Ha vinto perché la gente ha fiducia in lei e in quello che dice. E fa una cosa molto apprezzabile: prima di parlare e di agire, pensa. In questa gravissima crisi finanziaria, con il suo fare tranquillo, ha trasmesso tranquillità, muovendosi in modo graduale. È una patriota tedesca impegnata per l’Europa: una combinazione vincente che l’elettorato tedesco apprezza.

Qualcuno “brontola” già: la Cancelliera pensa solo o soprattutto alla Germania, non all’Europa.

Niente affatto. Per l’Europa l’esito elettorale tedesco è una buona notizia. La vittoria della CDU-CSU conferma la politica pro-europea di Angela Merkel, che del resto si muove sulla linea Adenaeur-Kohl favorevole ad una sempre maggiore integrazione. La Cancelliera, da buona realista, ha infatti ben presente la situazione demografica del Vecchio Continente, che nel 2050 conterà solo per il 7% della popolazione mondiale (e la Germania per meno dell’1%!). In queste condizioni, la tradizione europea è una questione di sopravvivenza, perché senza unione saremmo uno Stato a fianco all’altro, ciascuno indipendente ma tutti irrilevanti. Inoltre c’è da considerare il risultato di Alternative fur Deutschland, che ha contestato la CDU per il suo eccessivo europeismo, e che è arrivata al 4,8%. Un segnale inquietante, ma va ascritto ad Angela Merkel e alla sua campagna elettorale il merito di aver fermato questa corrente sotto la fatidica soglia del 5%. In qualsiasi combinazione, comunque, con i verdi o in grande coalizione con l’SPD, il prossimo governo non potrà che confermare l’idea centrale a Berlino che non è quella di un’Europa tedesca, ma di una Germania europea.

La Germania (ri)conquistata dalla Merkel sarà ancora più austera e imporrà questa linea ai Paesi meno virtuosi dell’Europa?

In primo luogo, bisogna ribadire che non è la Germania a decidere e tanto meno ad imporre la politica finanziaria comune. Sono Commissione Europea, Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale a gestirla. La posizione tedesca è che tutti i Paesi dell’eurozona devono rispettare i trattati di Maastricht e gli accordi che, come il Fiscal Campact, sono del resto frutto concordato di negoziati cui hanno preso parte tutti i Paesi. Inoltre, è vero, dobbiamo avere più crescita. È giunto perciò il momento che le banche che in passato hanno ottenuto aiuti dalla BCE facciano qualcosa in più per le imprese, le industrie e le PMI, in modo che possano rilanciare investimenti e occupazione, soprattutto per i giovani. Per questo non accetto la retorica contro l’austerità tedesca. La politica tedesca è di rispettare i trattati, riducendo le spese e il deficit, ma contemporaneamente promuovendo la crescita. Questa, certo, non potrà arrivare dall’aumento del debito, ma da politiche più efficaci, in particolare per sbloccare il credito.

Cosa pensa della situazione del centro moderato italiano, diviso in questi giorni anche sulla valutazione del risultato delle elezioni tedesche, tra gli entusiasti pro-Berlino e i freddi anti-Merkel, tra chi è più federalista europeo e chi non disdegna di seguire un certo euroscetticismo?

È una situazione complessa. Posso solo dire che, come è noto, il Partito popolare europeo (PPE) ha un programma molto filo-europeo. Dunque tutti i partiti membri del PPE sono vincolati a seguirne ideali e principi, e ci si aspetta che lo facciano con rigore. Il PPE, infatti, è uno dei pilastri fondamentali del federalismo europeo.

Quali prospettive vede, comunque, di un rassemblement centrista in Italia sul modello tedesco?

Precondizione per questi sviluppi è che il governo Letta non cada. Se dovesse cadere il governo Letta, sarebbe una pessima notizia per l’Italia, per l’Europa, per la moneta unica e per il PPE stesso. Incoraggiamo dunque tutti i partiti della maggioranza a restare coesi, in modo da continuare a rendere l’Italia più competitiva, e in questo modo rafforzare l’eurozona.

Come reagirà il PPE ad un’eventuale richiesta di adesione di una rifondata Forza Italia, anche considerando la particolare situazione di Silvio Berlusconi?

In quanto componente maggioritaria del PDL, che è parte del PPE, non credo che debbano fare una nuova domanda di adesione. Non ne sono completamente sicuro, ma non credo. Al di là delle tecnicalità, comunque, l’ex-Forza Italia, se si ripresenterà come partito staccato dal PDL alle porte di Strasburgo, dovrà dimostrare di sostenere la linea del PPE e, quindi appoggiare convintamente l’Unione europea e la moneta unica. Dispiace purtroppo ascoltare certi discorsi di rappresentanti politici contro l’euro. L’euro nella visione europeista del PPE non è solo una moneta, ma è il nostro stesso modo di essere uniti e coesi in Europa.

Parliamo di Papa Francesco…

Il nostro vicino di casa (ride, guardando la Cupola di San Pietro)

Che ne pensa?

La Chiesa Cattolica è su questa Terra da duemila anni, e tutto parla della sua continuità, al cuore della quale c’è sempre stato il primato della dignità della vita umana. Tra i pontefici ci può dunque essere una diversità di stile, e nel caso di Papa Francesco c’è un nuovo stile caratterizzato da grande apertura, ma non vi è discontinuità di principi con il suo predecessore, il grande teologo Benedetto XVI. A me personalmente piace molto l’approccio del nuovo Papa, che vuole fare della Chiesa il cuore del mondo, ponte tra varie religioni, culture e popoli. Questa è un’idea condivisa dal CDU e dalla CSU e fatta mia come presidente del Parlamento europeo, quando nel 2008 ho patrocinato l’Anno europeo del dialogo tra culture. Può essere davvero anche la mission dell’Europa del futuro: guardare al Sud del mondo, farsi ponte e mediatrice tra le varie parti del mondo, a partire da Islam e Africa, che ci sono più vicini.

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