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Il miracolo tedesco

Pubblichiamo un articolo del dossier “Germania al voto” di Affari Internazionali.

All’inizio di questo millennio, la Germania era “il malato d’Europa”: un paese in crisi che non sembrava in grado di riprendersi dallo shock della riunificazione. Basso tasso di crescita, alto tasso di disoccupazione e un debito pubblico fuori controllo a fronte di un preoccupante calo degli investimenti privati. Oggi a poco più di un decennio di distanza la Germania è una nazione ammirata e invidiata – forse anche temuta – in tutta Europa.

Secondo Fareed Zakaria, giornalista di Newsweek, il sistema tedesco potrebbe “rivelarsi il più efficiente e il più adatto a un mondo globalizzato”. Per Claudio Magris “in questo momento la Germania è, in Europa, il paese leader”. Ma quali le cause di questa straordinaria e vincente metamorfosi? Sono di duplice natura: storico-strutturali – hanno cioè a che fare con quello che viene definito Modell Deutschland – ma anche contingenti – dovute cioè all’azione degli attori politici e alle loro decisioni.

La principale spiegazione di questo ‘nuovo miracolo tedesco’ ha un nome preciso: Agenda 2010, la più radicale riforma dello Stato sociale nella storia del dopoguerra tedesco che ha permesso una riconversione strutturale del sistema economico-produttivo. A realizzarla fu il governo di Gerhard Schröder per rispondere alla sfida della globalizzazione.

L’agenda non solo ruppe con una consolidata tradizione di relazioni industriali, ma ridisegnò il rapporto tra diritti dei cittadini e compiti dello Stato. Si trattò di una decisione molto difficile per un leader del partito socialdemocratico tedesco (Spd) che, dopo aver abbandonato il ‘mito’ della lotta di classe, aveva fatto della tutela ‘dalla culla alla bara’ dei diritti sociali acquisiti la propria ragion d’essere.
La radicale riforma alla quale Schröder ha sottoposto lo Stato sociale (Sozialstaat) ha dato i suoi frutti: oggi la Germania è il paese leader – come lo era stata la Repubblica di Bonn a cavallo del decennio ’80-‘90 del secolo scorso – dell’export mondiale e vanta al tempo stesso il più basso tasso di disoccupazione giovanile in Europa.

Questo non significa però che in Germania non si sia prodotta in questi anni una drammatica divaricazione sociale a causa della polarizzazione della ricchezza e della crescita esponenziale delle differenze economiche a danno del ceto medio e delle classi più deboli. Questo è avvenuto però in una forma socialmente molto più tollerabile di quanto sia successo altrove grazie al buon funzionamento dei sistemi di sicurezza sociale e di regolazione del mercato del lavoro.

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Angelo Bolaffi, filosofo della politica e germanista. Dal 2007 al 2011 è stato direttore dell’istituto italiano di cultura di Berlino. In questi giorni è uscito il suo ultimo libro: Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea ( Roma, Donzelli).



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