“Un piede dentro ce lo metto, anche se è proprietà privata”.
“La proprietà privata è il problema”, diceva lunedì l’ambientalista entrando nel campo di Giorgio Fidenato, agricoltore di Vivaro, colpevole di coltivare mais geneticamente modificato (nel rispetto della legge, va detto, perlomeno allo stato attuale dei contenziosi che lo vedono coinvolto).
“La proprietà privata ci toglierà la sovranità alimentare”, ha continuato l’uomo col megafono, “ci toglierà la possibilità di avere i nostri semi”.
In altre parole, solo una proprietà pubblica, condivisa e collettivizzata ci permetterebbe di avere le “nostre” colture, i semi che vogliamo, quelli che più ci piacciono.
E’ importante, oggi quasi più di ieri, mettere in evidenza la contraddittorietà di una simile considerazione.
La proprietà privata è l’unica condizione in grado di garantire il mantenimento di una certa biodiversità, perché è l’unica in grado di garantire una libera scelta. La statalizzazione delle colture, invece, è di per sé idonea a precludere o comunque limitare fortemente la scelta sui semi impiantabili.
Guardando il video che ritrae l’ingresso nel campo altrui non si può non rilevare con inquietudine la sottile, subdola e irriverente violenza di quel gesto, spacciato per atto simbolico.
Davanti alle forze dell’ordine inermi e un po’ annoiate sembrava di essere nello stato di natura.
Forse aveva ragione Hobbes. Nello stato di natura ci sono violenza e guerra e non si tratta, come invece ottimisticamente pensava Locke, di uno stato di “perfetta libertà” ove ciascuno può “regolare le proprie azioni e disporre dei propri possessi e delle proprie persone come si crede meglio”.
In ogni caso, gli uomini avrebbero poi rinunciato a questo stato per regolare la loro convivenza attraverso le leggi. Se non vi piacciono gli OGM o la proprietà privata, attivatevi per cambiare le leggi.
Fino ad allora, lasciatemi libero di scegliere i semi che più mi piacciono.
E se mi lascerete anche nella condizione di continuare a possedere un ”mio” orto e mi darete delle leggi per difenderlo, non perderò sovranità alcuna.