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Che fare con l’euro?

Kohl e Mitterrand avevano detto che se l’Italia non avesse aderito alla creazione della moneta unica la stessa non si sarebbe fatta.

Rispetto alla Francia e alla Germania, l’Italia era la nazione che aveva maggiori problemi ed era quella che doveva, venendo da una abitudine della propria politica economica di adeguare le proprie capacità di mantenersi competitiva con la continua svalutazione della lira (io ricordo di avere acquistato nel 1949 i marchi tedeschi a poco più di 90 lire, mentre alla creazione dell’euro era stato quotato a poco meno di 1000 lire).

L’Italia doveva richiedere un regolamento che permettesse di avere delle forme di adeguamento della moneta unica ai valori delle monete concorrenti a livello mondiale. E il PD che si vanta di aver ottenuto l’ingresso nella moneta unica, dovrebbe battersi perché si facciano le riforme necessarie al rilancio dell’economia dell’eurozona.

L’Italia doveva chiedere che si creasse una “banca di ultima garanzia” come la Federal Reserve americana, e regole democratiche di gestione di una moneta comune. Non lo ha fatto prima, ma deve farlo prima possibile.

Invece l’Italia si è considerata soddisfatta dell’essere riuscita ad entrare nell’euro e non ha fatto nulla per rendersi simile ai più “virtuosi” soci nell’euro. Non ha profittato della notevole stabilità dei costi del denaro per cercare di ridurre gli enormi costi della “mano pubblica” che sprecava troppo.
Se la corruzione costa miliardi di euro ogni anno, si doveva tagliare il differenziale se si voleva restare in una moneta unica.

E se non si è fatto prima, si deve fare subito oppure si deve prendere in considerazione l’ipotesi di uscita dalla moneta unica se non si adegua alle valute concorrenti svalutandola.
L’uscita dell’Italia dall’euro porterebbe alla fine della moneta comune. E forse alla crisi dell’Unione Europea.

Ma se non si usa l’unico potere che abbiamo per rilanciare la nostra economia l’Italia non ha scampo.

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