Il premier inglese David Cameron si libera si libera di un fardello importante, incassa risorse utili e mette in risalto un governo riuscito a rispettare i suoi impegni con i cittadini. Downing Street ha infatti deciso la cessione di una sua quota in Lloyds, il colosso bancario nazionalizzato nel 2008 nel pieno della tempesta finanziaria che ha sconvolto il settore bancario, inglese e non solo. Un perno fondamentale dell’economia che mostra però di riprendersi e di rappresentare un investimento fruttuoso per le casse statali.
Le cifre, del resto, parlano chiaro, sia ai repubblicani che hanno criticato il piano Tarp di salvataggi voluto da Barack Obama, che ai tedeschi che puntano il dito contro il governatore della Bce Mario Draghi per il bailout greco.
La cessione della quota in Lloyds
Lo Stato britannico ha ceduto una quota del 6% della banca Lloyds Banking Group per 75 pence ad azione, pari a un totale di 3,21 miliardi di sterline, 3,8 miliardi di euro. Lo ha annunciato la Uk Financial Investments (Ukfi), l’organismo incaricato di gestire gli attivi dello Stato nel settore bancario.
Dopo questa cessione, che da il colpo d’avvio al ritorno al privato delle banche salvate durante la crisi finanziaria, la quota di Londra nel Lloyds Banking Group scende al 32,7% dal 38,7%.
Il ritorno all’utile
Il ministero del Tesoro britannico ha annunciato che venderà a investitori istituzionali il 6% della sua quota. Ci si aspetta che ad accrescere le proprie partecipazioni saranno quattro dei più forti investitori di Lloyd: Lansdowne, Northern Cross, Harris Associates e Norges. La banca, in parte nazionalizzata, è infatti tornata in utile nel primo semestre dell’anno, registrando profitti per 2,1 miliardi di sterline (2,4 miliardi di euro), contro la perdita di 456 milioni di sterline nello stesso periodo del 2012. Nell’ultimo anno il titolo ha subito un clamoroso incremento del 95%, che ha spinto il Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, ad accelerare la vendita della quota pubblica.
La ripresa britannica
La vendita, la seconda maggiore quota inglese mai venduta, è una svolta nella ripresa di Lloyds, che si è rimessa in piedi dall’anno scorso con l’ad Antonio Horta-Osorio che l’ha riportata in utile. Ma la cessione, commenta il Financial Times, è anche il simbolo del ritorno alla salute dell’economia britannica dopo il crollo dei mercati finanziari che ha porto il settore bancario sull’orlo del collasso nell’ottobre del 2008.
Il bilancio dell’operazione per il Tesoro britannico
“Gli investitori stanno facendo pressione sul governo inglese. Questo livello di domanda non ci sarebbe se non si fosse certi della ripresa complessiva dell’economia britannica”, ha commentato una fonte vicina all’operazione. E cinque anni dopo l’acquisizione disastrosa di Hbos da parte di Lloyd che ha portato al salvataggio da 21 miliardi di sterline, il Tesoro è riuscito a trarre un profitto di almeno 60 milioni di sterline dalla vendita. La prima vendita sarà seguita da una seconda cessione forse nella prima metà del 2014, spianando così la strada ad un’uscita completa dello Stato da Lloyd entro la fine del prossimo anno. Una timetable che è invece in netto contrasto con quella di Royal Bank of Scotland, lontana ancora anni luce dall’avvio della privatizzazione.
Soddisfatto del risultato il cancelliere Osborne: “Cinque anni fa – ha sottolineato – il governo precedente ha usato i soldi dei contribuenti per salvare le banche e io sono sempre stato determinato a ridare indietro il denaro ai cittadini per estinguere quel debito. Oggi abbiamo cominciato a farlo e si tratta di un passo importante per riparare quanto non ha funzionato nell’economia britannica”.
Il piano Tarp negli Stati Uniti
Ma non solo Londra. I profitti dei salvataggi statali si contano anche al di là dell’Atlantico, dopo il programma di bailout da 700 miliardi di dollari Tarp (Troubled Asset Relief Program) voluto dal presidente Obama. “La partecipazione del Tesoro degli Stati Uniti in Aig (American International Group Inc.) ha prodotto un guadagno di 5 miliardi di dollari americani e l’investimento in Citigroup e Bank of America 4,5 miliardi di Dollari”, ha evidenziato Andreas Utermann, Global Chief Investment Officer di Allianz GI.
La ristrutturazione di Aig e i travagli di General Motors
Il colosso assicurativo internazionale aveva barcollato sotto la mole di un’enorme esposizione ai credit default swap (cds), i derivati che agiscono come una di polizza sul rischio del credito. Davanti al fallimento di Lehman Brothers e alle scosse alla finanza globale nel 2008, i cds si trasformarono in un batter d’occhio da fonte di facili guadagni in causa di infinite perdite. Aig fu chiamata a pagare le “polizze” costringendo le autorità americane a intervenire con un bailout record: il Tesoro, attraverso il programma Tarp, e la Fed iniettarono fino a 182 miliardi nel gruppo, passando alle mani pubbliche il controllo del 92% del gruppo. Aig, però, in 4 anni è passata attraverso ripetuti cambi al vertice e drastiche riforme che hanno dato frutti, cedendo oltre 65 miliardi di attività ai quattro angoli del mondo e riemergendo nei panni di società dal business concentrato, anziché in rischiosi derivati, nei tradizionali rami vita e danni. Ma l’investimento pubblico più significativo sotto il programma Tarp rimane al momento quello nella General Motors, con il 26,5%. Nell’auto si prospetta una perdita per la casse federali: secondo le stime del febbraio 2013, riporta Autonews.com, i costi del salvataggio del settore dell’industria automobilistica erano sceso del 16% a 20,3 miliardi di dollari dalla cifra prevista inizialmente a 24,3 miliardi.
I bailout con banche centrali come prestatori di ultima istanza
Più positivo il resoconto delle attività delle banche centrali come prestatori di ultima istanza. “I salvataggi finanziari – ha proseguito Utermann – alla fine si rivelano redditizi. L’Autorità Monetaria di Hong Kong nel 1998 acquistò titoli per 118 miliardi di Dollari di Hong Kong (Hkd), compreso il 10% di Hsbc, con un guadagno di 90 miliardi di Hhd. La Federal Reserve nel 2008 ha acquistato titoli Bear Stearns per circa 30 miliardi di Dollari americani, con un guadagno di 6,6 miliardi. I prestiti e gli acquisti di titoli Aig da parte della Fed le hanno fatto guadagnare ulteriori 17,7 miliardi di Dollari. Il piano di accesso alla liquidità della Banca d’Inghilterra ha prodotto un guadagno di 2,3 miliardi di sterline”.
La strategia della Bce
Tra il 2009 e la fine del 2011 “la Bce ha acquistato titoli per 276 miliardi di euro che dovrebbero produrre un utile netto di 70-80 miliardi. In quest’ottica precisa Utermann – il prestatore di ultima istanza riveste un ruolo critico ma alla fine redditizio nell’ambito delle crisi bancarie o del debito sovrano. Qualora si presentasse la necessità di fornire ulteriori aiuti finanziari alla Grecia, che per la prima volta prevedano la partecipazione pubblica, almeno parte del costo sarebbe coperto dai proventi della Banca Centrale Europea derivanti da piani precedenti. Se questo concetto fosse più chiaro, forse l’opposizione popolare e il dibattito pubblico sui salvataggi finanziari assumerebbero toni più moderati”.
Il caso Mps e l’ipotesi nazionalizzazione
Nel panorama italiano a destare preoccupazione è in questi giorni Mps. Fitch ha abbassato da ‘B’ a ‘CCC’ il ‘viability rating’ di Monte dei Paschi di Siena, in quanto “l’accresciuto ammontare di capitale da raccogliere e le tempistiche dell’aumento di capitale hanno aumentato le probabilità di una nazionalizzazione almeno parziale dell’istituto”. Il ‘viability rating’ è infatti un indicatore della dipendenza di una società dal sostegno statale. Il rating di lungo termine di Monte dei Paschi di Siena è stato intanto confermato a ‘BBB’ con outlook negativo. Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, in sostanza, può cominciare a scaldare i motori, ispirandosi magari agli esempi anglosassoni.