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Macao, le elezioni premiano i candidati vicini a Pechino

Le elezioni per l’assemblea legislativa di Macao si sono rivelate una sconfitta per il campo democratico. I vincitori della tornata elettorale dell’ex colonia portoghese tornata alla Cina nel 1999, come regione autonoma speciale, sono stati i candidati vicini agli interessi di Pechino, gli imprenditori del gioco d’azzardo, colonna dell’economia locale, e l’astensionismo, con poco più del 55 percento degli aventi diritto che si è recato alle urne, in calo di cinque punti percentuali rispetto al 2009. Calano anche da tre a due i seggi conquistati dai democratici, sui 14 totali assegnati per elezione diretta.

Ringraziano i mercati, scrive Reuters, in particolare per quanto riguarda l’industria delle scommesse che può gioire non soltanto per il risultato dei propri rappresentati nel voto di domenica, ma anche per l’avvicinarsi della festa della Luna che annuncia turisti e quindi clienti per i casinò. Buone notizie quindi per l’ex enclave portoghese, che ha già superato Las Vegas nel mercato del gioco d’azzardo, un settore che impiega il 23 percento della forza lavoro locale.

Che le urne avrebbero premiato i candidati vicini all’establishment era nell’aria. “Il sistema elettorale non è equo e lo stesso vale per i limiti di spesa per le campagne elettorali, molto alti. Uno svantaggio per i candidati che non se lo possono permettere”, ha spiegato Bill Chou Kwok-ping, docente di amministrazione pubblica all’Università di Macao, al South China Morning Post.

Come sottolinea il quotidiano di Hong Kong, oltre metà dei 33 seggi dell’Assemblea sono di fatto controllati dalle forze vicine a Pechino. Secondo quanto stabilito dalla Basic Law, la costituzione locale, sette sono nominati direttamente dal Chief Executive, Fernando Chui Sai-on, l’amministratore delegato, come, similmente a quanto avviene a Hong Kong, è chiamato il capo del governo della città, una scelta che dice molto sul ruolo degli affari nelle due ex colonie. Dodici eletti indirettamente sono invece in rappresentanza di settori dell’industria, della finanza, della cultura, dello sport, del mondo del lavoro, delle professioni, dei servizi sociali.

Il campo pan-democratico lamenta anche la debolezza della società civile e vari gradi censura nella stampa. In campagna elettorale ha cercato di fare leva sulle crescenti disuguaglianze di reddito e sull’aumento del costo della vita, in particolare per la casa, facendo inoltre appelli al suffragio universale.

“Riconosco la sconfitta, abbiamo perso un seggio”, ha ammesso Antonio Ng Kuok-cheong, candidato della New Macau Association e figura di spicco tra i democratici, citato dall’agenzia France Presse, che ha voluto aggiungere come per fare politica in un luogo nel mezzo del boom economico come l’ex colonia servano soldi per influenzare gli elettori.

Non sono mancate quindi accuse di comportamenti al limite della legalità e del voto di scambio. Ci sono state segnalazioni di  pranzi scontati e corse in taxi pagate per permettere agli elettori di andare ai seggi.

L’affluenza è stata tuttavia al di sotto di quella di quattro anni fa. Un dato che, scrive Paulo Coutinho sul Macau Daily Times, potrebbe indurre qualcuno a pensare che agli abitanti non interessi troppo una democrazia piena.

Al contrario scrive, serve più democrazia. La bassa affluenza è considerata un segnale del malcontento dei cittadini verso un sistema che deve essere riformato.


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