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Caro Matteo, contro i gattopardi lancia una lista unica pro Renzi. Parla Petruccioli

Appena 8 mesi fa elogiare e difendere Matteo Renzi provocava in gran parte del Partito democratico allergie, sospetti, intolleranza. Adesso si profila un’adesione vastissima attorno alla sua corsa alla leadership del Nazareno. Un’ondata crescente di consenso che passa per gli endorsement di rappresentanti della nomenclatura un tempo bersaglio privilegiato della campagna solitaria del primo cittadino di Firenze. Fenomeno accostato alla vaghezza nei contenuti e alle sue torsioni programmatiche verso sinistra. È questa la fragilità dell’ex fautore della “rottamazione”, il punto vulnerabile in grado di neutralizzare per l’ennesima volta un anelito riformatore nell’Italia della Controriforma e dei gattopardi?

Formiche.net lo ha chiesto Claudio Petruccioli, già parlamentare del Partito comunista e dei Democratici di sinistra, protagonista del travagliato percorso che tra il 1989 e il 1991 culminò nella “Svolta della Bolognina”, ex direttore de L’Unità e presidente della Rai dal 2005 al 2009.

Rispetto alla campagna di Renzi per le primarie 2012 vede una metamorfosi, un’attenuazione degli obiettivi di rottura nei confronti dei vertici del Pd?

Si tratta di chiacchiere prive di fondamento. A riprova che la stampa italiana è del tutto disabituata all’analisi e alla documentazione, prigioniera com’è delle trovate a effetto. Non sappiamo se tra una settimana vi sarà ancora il governo. Un dato non irrilevante per il Pd poiché elezioni politiche a primavera richiederebbero primarie imperniate sulla corsa per la premiership. Logica che ha contraddistinto la sfida tra Renzi e Pier Luigi Bersani. Se la crisi verrà evitata e il congresso vedrà al centro la leadership del partito, per il sindaco di Firenze si pone l’esigenza di vincere. E di una vittoria che quasi tutti ritengono scontata io non sono così sicuro.

È per questa ragione che Renzi ha accolto l’adesione di numerosi rappresentanti del gruppo dirigente, popolari e post-comunisti?

Matteo non può rifiutare il supporto di chi liberamente vuole appoggiarlo. Bisogna vedere a quali condizioni lo accetta. Nelle primarie del 14 ottobre 2007 Walter Veltroni commise il grave errore di ricevere l’appoggio di liste differenti, ognuna delle quali aveva la possibilità di contarsi in una logica auto-conservativa e proporzionale. Marcando il richiamo a specifiche identità anziché proiettarsi in un progetto unificante. Spero che Renzi non cada nella stessa trappola e presenti un programma con obiettivi limpidi. Ma l’unica strada per neutralizzare trasformismi e gattopardismi è creare un’unica lista a sostegno della sua campagna. E in tal caso molti novelli supporter torneranno sui loro passi. Non è ammissibile sostenere Renzi in nome di un altro progetto o perché conviene.

Teme l’unanimismo attorno a una figura ritenuta vincente dietro cui il partito si accoda pur non condividendone la linea?

Non avverto un clima plebiscitario con l’80 per cento di aderenti e dirigenti a favore di Renzi. Pensi a Bersani, ai “giovani turchi”, alla Cgil, tutti convergenti con grande probabilità su Gianni Cuperlo. E a Rosy Bindi che auspica una nuova candidatura in competizione con il primo cittadino di Firenze. Riflessi di chi si richiama alla storia del Partito comunista o della Democrazia cristiana. Forze che non possono rappresentare il modello di partito per la modernità, come Renzi ha ben compreso. Vede, io sono umbro e conosco le ritrosie dell’apparato del Pd a mettersi in gioco e la sua attitudine a riprodursi. Ma quando ho visto Matteo vincere nel 2012 in roccaforti storiche delle “regioni rosse”, ho avvertito la consapevolezza di migliaia di militanti che l’“usato sicuro” di Bersani portava solo a chiudere bottega. La stessa consapevolezza di cui anch’io mi feci interprete vent’anni fa e poi fu sommersa con il marchio infamante del “nuovismo”. Ma oggi torna a farsi strada a partire dalle Feste democratiche, anche se non so come la base sociale-elettorale del Nazareno reagirà ai primi segni di rinnovamento.

A Renzi viene rimproverato da più parti un “vuoto programmatico” su diversi temi, dalle privatizzazioni alla Siria, dai referendum radicali al meccanismo di voto. Vaghezza utile a raccogliere consensi ma non a governare con scelte limpide e incisive.

Non condivido affatto. È l’accusa che gli rivolge soprattutto Bersani, una trovata propagandistica ad opera di chi non vuole capire e misurarsi con i ragionamenti e le proposte di Matteo. A cominciare dall’idea di partito, che nella versione portata avanti dall’ex segretario si è rivelata fallimentare. Ricordo poi che a fine maggio, presentando il suo ultimo libro all’Ara Pacis di Roma, Renzi ha delineato contenuti programmatici molto precisi sul terreno istituzionale e economico-sociale. E in altre occasioni lo ha fatto sulla necessità di superare i conservatorismi e le inerzie sindacali, presupposto per una forte iniziativa di cambiamento del Pd e della sinistra. Ragion per cui gli apparati delle grandi confederazioni guardano a lui con ostilità. Aspetto con fiducia una sua riflessione pubblica sui referendum e sulla politica estera. Ma non può essere considerato come un contenitore vuoto. Rilevo piuttosto un eccesso di ottimismo sul futuro dell’Italia: visione che non tiene conto di un paese stanco e sfiduciato nell’intera classe dirigente.

Renzi non rischia di ripercorrere nel fronte progressista le orme e i fallimenti di Silvio Berlusconi, figura seducente che attrae consenso ma priva del coraggio di riforme radicali, di una visione di ampio respiro, interprete di un’attitudine camaleontica?

Le due figure non hanno nulla in comune. Pensi al conflitto di interesse, vera origine dei problemi giudiziari di Berlusconi. Un simile accostamento è opera di chi ritiene il sindaco di Firenze una persona non di sinistra, speculare al Cavaliere. Viene avanzato dai portatori di una nozione minoritaria e faziosa di sinistra, che gridano alla perdita della sua identità, al tradimento e alla resa alla destra quando i progressisti si avvicinano alla responsabilità del governare. Per loro sinistra e governo sono incompatibili. Ed è per tale mentalità che oggi ci troviamo nel disastro.

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