Un miliardo di dollari in investimenti per ridurre la dipendenza russa dalla Cina per approvvigionamento di terre rare. La Rostec e IST Group, società d’investimento del magnate russo Alexander Nesis, ha messo sul tavolo la cifra da stanziare entro il 2018 per sostenere la produzione di questi elementi, oggi di fatto monopolio di Pechino con il 90% del totale globale che arriva dalla Repubblica popolare.
Nonostante il nome le terre rare non sono così rare in natura. Si tratta di 17 elementi chimici utilizzati nelle industrie ad alta tecnologia, nel settore della difesa e in quello delle energie rinnovabile.
“Il presidente (Vladimir Putin) e il governo hanno assegnato l’incarico di espandere la produzione russa di terra rare, essendo le riserve federali in via di esaurimento”, ha spiegato una fonte interna alla Rostec, citata dall’agenzia Reuters.
L’obiettivo della società russa è soddisfare la domanda della Federazione entro il 2017. Come scrive l’agenzia britannica, la TriArk Mining, una joint venture tra Rostec e Ist ha avuto i diritti di sfruttamento di oltre 82mila tonnellate di monazite, ricca di terre rare, che saranno stoccati nei depositi per sette o otto anni a partire dal 2015.
La Russia consuma 1.500 tonnellate di terre rare l’anno. Secondo le previsioni di Rostec la domanda annuale raggiungerà le 6.000 tonnellate entro il 2020.
I russi intendono in questo modo ovviare all’aumento dei prezzi dovuto alle quote fissate dalla Cina, in parte per contrastare le miniere illegali. La scorsa settimana Pechino ha fissato la produzione per il 2013 a 93,800 tonnellate. Secondo quanto riferito dalla stampa d’oltre Muraglia, il governo cinese sta per dare un’ulteriore stretta contro le società che estraggono le terre rare senza autorizzazione. Le aree sotto osservazione sono in particolare la Mongolia Interna e le province del Jiangxi e del Guangdong. Controlli saranno inoltre previsti per le società che si occupano della commercio, in gran parte con sede a Pechino e a Shanghai.
Il controllo cinese sul settore è causa di controversie in sede di Organizzazione mondiale del commercio con Stati Uniti, Giappone ed Unione europea che accusano Pechino di sfruttare la propria posizione per mantenere i prezzi alti.
In questo contesto, come spiega in una nota l’amministratore delegato di Rostec, Sergey Chemazov, la Russia conta appena per il 2 per cento nella produzione globale. Senza nuovi progetti questa fetta rischia di assottigliarsi fino all’1,5. Gli investimenti serviranno quindi a tutelare le industria ad alta tecnologia dalla fluttuazione dei prezzi nel mercato globale.