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Turchia, la minaccia finanziaria alle porte dell’Europa

È difficile pensare che le attuali turbolenze sui mercati valutari possano portare verso una crisi finanziaria in piena regola in paesi quali India, Turchia, Indonesia, Brasile o Sudafrica. Ulteriori pressioni sulle valute di riferimento non sono tuttavia da escludere e, se sommate ad altre fragilità (vedi in particolare il caso del Sudafrica), potrebbero creare seri problemi all’economia dei singoli paesi. Il rischio è legato maggiormente alle controparti private ed alla loro esposizione in valuta estera in termini di debito, costi e ricavi.

Le cause dell’instabilità finanziaria

E’ quanto emerge da un report a cura dell’Ufficio Studi Sace che sottolinea come “alla base di questi deprezzamenti sta un riaggiustamento nel flusso dei capitali internazionali che ha provocato un aumento dei movimenti in uscita dai mercati emergenti. Cosa c’è dietro questi movimenti? Essenzialmente due fenomeni: la riduzione del gap di crescita tra paesi avanzati e paesi emergenti e l’annuncio di una revisione della politica iper-espansiva della Federal Reserve negli Stati Uniti“. Del resto, le valute di 5 grandi economie (India, Turchia, Sudafrica, Brasile e Indonesia) hanno subito pressioni al ribasso che hanno comportato deprezzamenti nell’ordine del 15-20% da inizio anno.

I motivi del deprezzamento delle valute degli Emergenti

E, secondo Sace, bisogna far quindi attenzione “a controparti locali particolarmente esposte al deprezzamento della valuta, dovuto a un’elevata percentuale di debito in valuta forte (soprattutto se a breve scadenza) e ad una scarsa integrazione verticale e necessità di approvvigionamenti dall’estero, in particolare qualora i clienti di riferimento siano concentrati sul mercato locale ed in settori ad alta elasticità della domanda al prezzo”.

Scadenza del debito e disponibilità di riserve valutarie

Al fine di valutare l’effettiva “pericolosità” debitoria, collegata all’attuale fuoriuscita di capitali e al deprezzamento dei tassi di cambio, “occorre guardare in particolare all’ammontare di debito in scadenza a breve termine e alle disponibilità di riserve valutarie; questi elementi ci consentono di capire quanto sia concreto il rischio di liquidità derivante da un improvviso prosciugarsi dei flussi di capitale dall’estero”, prosegue Sace.

La situazione della Turchia

Per quanto l’indicatore tipico ai fini della misurazione dell’adeguatezza delle riserve, il numero di mesi di copertura dell’import, sia adeguato in tutti e cinque i paesi, considerando il rapporto tra le riserve e l’ammontare di debito in scadenza (a cui sommiamo per ulteriore cautela i depositi a vista dei non residenti) “la Turchia mostra una inadeguatezza delle proprie riserve in caso di ‘scenario catastrofico’ in cui si registri un massiccio rifiuto da parte degli operatori a rinnovare il debito estero in scadenza”.

Il boom del credito in Turchia e Brasile

È interessante anche esaminare l’espansione del credito avvenuta in questi paesi negli ultimi anni, visto il rischio che un deprezzamento delle valute nazionali possa ripercuotersi negativamente sulle imprese più indebitate (soprattutto in valuta estera) e quindi sui NPL delle banche. “Da questo punto di vista Brasile e Turchia mostrano tassi di espansione del credito particolarmente elevati, che ci inducono a una particolare attenzione nel valutare – in particolare – il rischio del settore bancario”, conclude Sace.

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