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Senatori a vita, all’Italia non serve lo stipendio ma le loro capacità

Vangi - Italia (Roma, Senato, 2003)a proposito della neo senatrice a vita, elena cattaneo, leggo aldo cazzullo: “lo stipendio e i privilegi dei senatori a vita sono davvero eccessivi, anche perché non sottoposti all’incertezza del consenso, ai costi dei rapporti con una base elettorale, a una presenza costante in aula. in molti hanno cominciato a calcolare i milioni di euro che costerebbero ai contribuenti la professoressa, nel caso da tutti noi auspicato che eguagli la montalcini, se non in prestigio in longevità. proprio per questo, non sarebbe male che elena cattaneo e gli altri neo senatori a vita rinunciassero allo stipendio pubblico” (sette – corriere della sera).

non capisco.

secondo cazzullo, cattaneo e gli altri senatori a vita dovrebbero rinunciare allo stipendio perché non è richiesto loro di svolgere effettivamente le funzioni parlamentari.

mi chiedo, allora, la ragione per la quale siano stati nominati dal presidente della repubblica.

il presupposto è che siano personaggi eccellenti. il fine dovrebbe essere quello di chiamarli a contribuire, come senatori, alla vita delle istituzioni a beneficio della nazione.

la nomina a senatore a vita non è solo un titolo, ma un incarico che comporta dei doveri e compiti.

l’interesse della repubblica non è risparmiare lo stipendio ma poter fruire della eccellenza di questi personaggi nella vita politica. ecco perché è previsto uno stipendio. sono pagati in quanto devono partecipare ai lavori parlamentari.

non richiedere la loro presenza costante in parlamento significa attribuire alla nomina un significato opposto rispetto a quello che le è proprio. la nomina onora il prescelto ma serve allo stato.

dai senatori a vita dovremmo, pertanto, pretendere non lo stipendio ma il loro tempo e le loro capacità.

 



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