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Ecco gli scenari nella Siria post-Assad

L’intervento militare in Siria potrebbe essere imminente, ma non vi sono certezze suciò che potrebbe accadere se dovesse essere deposto il regime della famiglia Assad. Gli scontri proseguiranno semplicemente tra la popolazione siriana o il conflitto si allargherà a tutta la regione, come teme Papa Francesco? La voglia di libertà e democrazia riporterà la stabilità nel Paese?

Le analisi della stampa internazionale sono molteplici. Il quotidiano britannico The Guardian ha avvertito del rischio che il Consiglio nazionale siriano non riesca a compattare le correnti dell’opposizione una volta “disarcionato” il presidente Bashar al-Assad. Le vendette tra sunniti e alawiti, fomentati da contrasti religiosi, potrebbero riprodurre in Siria lo scenario egiziano.

Tra i moderati di Liwa al Tawhid – il maggiore gruppo militare ad Aleppo – e i jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e il Levante pare essersi infiltrata Al-Qaeda. E mentre i primi possono essere considerati come un elemento importante nel processo di transizione politica del governo siriano, i secondi devono fare i conti con lo scetticismo della popolazione a causa del loro eccessivo radicalismo islamico.

Il quotidiano americano The New York Times e il francese Le Figaro condividono la teoria che dopo l’intervento americano il conflitto potrebbe fermarsi, ma assumere i contorni di una “balcanizzazione”. Il regime di Assad potrebbe in ultima istanza raggruppare i soldati alawiti per difendere le sue zone di origine, dove è più forte, tra Latakia e Tartus. Ma le forze dell’opposizione potrebbero cercare sostegno tra la popolazione civile, diffondendo l’idea che è più importante “difendere la propria casa” che “un regime corrotto”. Da una guerra per la libertà politica si passerebbe così ad una lotta settaria.

Ma come sono arrivati ad avere tanto potere i ribelli fondamentalisti siriani? Per Foreign Policy in questo processo ha avuto un peso importante l’immobilismo della comunità internazionale.
Secondo Yezid Sayigh, analista di Carnegie Endowment for Peace, “le forze islamiste sono cresciute, ma è arrivato il momento in cui devono prendere una decisione strategica: lasceranno che i diversi gruppi che le compongano si autogestiscano o cercheranno di unirsi ed espandersi?”.

L’unica certezza è che qualsiasi azione militare dell’Occidente contro la Siria dovrà tenere conto della situazione attuale di frammentazione dell’opposizione, per non aggravare ancora di più l’instabilità del Paese.



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