La crisi siriana continua ad essere al centro della diplomazia internazionale ma, dopo l’iniziativa congiunta russo-americana, l’attenzione è rivolta soprattutto alla questione del disarmo chimico, mentre le dinamiche del conflitto – e le sue stesse conseguenze umanitarie – rischiano di essere relegate sullo sfondo.
Questa evoluzione è stata percepita con molta chiarezza dai sauditi e non gli è piaciuta. Anche in Turchia, dove ci si aspettava la decapitazione o l’indebolimento del regime di Assad, la delusione è palpabile. In effetti, un accordo per lo smantellamento dell’arsenale di Damasco potrebbe indebolire la posizione politica delle opposizioni al regime, già tanto degradata negli ultimi mesi, e rafforzare Assad (e la Russia). È un rischio che merita di essere valutato.
La proposta russa, inizialmente respinta dal Dipartimento di Stato, è stata subito presa al volo dal presidente Barack Obama. Questi ha subito compreso che essa gli permetteva, innanzitutto, di sospendere il tormentato processo politico interno che egli stesso aveva avviato, chiedendo al Congresso di pronunciarsi sull’intervento militare in Siria. Si andava infatti profilando una bocciatura da parte del Congresso che avrebbe rappresentato una bruciante sconfitta per il presidente.
La proposta russa consente agli Stati Uniti di accantonare, almeno per il momento, un’azione militare che potrebbe coinvolgere gli Usa nel conflitto (un rischio che Obama ha fin qui accuratamente evitato) e di promuovere un’iniziativa internazionale di contrasto alla proliferazione di armi chimiche (un tema caro a Obama).
Si vedrà nei prossimi giorni che cosa deciderà il presidente americano. La sua posizione politica e i suoi obiettivi strategici (non essere coinvolto nel conflitto) lo spingono certamente ad apprezzare che il fuoco sia spostato sulla proliferazione. Dall’Europa, che sulla questione ha raggiunto al Consiglio affari esteri di Vilnius una posizione unanime, gli viene un appoggio non trascurabile.
Anche i paesi dell’Unione si sono concentrati sulla questione delle armi chimiche e della non proliferazione. L’11 settembre, in un discorso alla Camera dei Deputati, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha non solo sottolineato che l’Italia agirà esclusivamente nell’ambito delle Nazioni Unite, ma ha anche messo l’accento sulle armi chimiche, con un generico auspicio che ciò apra la porta a un processo politico.
È quindi possibile che gli Stati Uniti accettino un processo di disarmo anche lungo e incerto, condotto dalla Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, cioè sotto l’egida internazionale, con le garanzie e le clausole che il Consiglio di sicurezza vorrà stabilire.
Roberto Aliboni è consigliere scientifico dello IAI.