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Stati Uniti ed Europa, una relazione che dura ancora

I rapporti tra gli Stati Uniti e l’Europa sono, storicamente, stretti e armoniosi. Nonostante la popolarità del presidente americano Barack Obama sia scesa negli ultimi tempi a causa di alcune scelte nella gestione della politica estera, l’idillio non ne risente. E anche quest’anno il tradizionale rapporto Transatlantic Trends lo conferma. La presentazione dello studio realizzato dal German Marshall Fund of the United States e dalla Compagnia di San Paolo è avvenuta oggi a Roma al centro del dibattito organizzato dall’Istituto Affari Internazionali (Iai): “Crisi economica, Cina, Medioriente: nuove sfide transatlantiche”.

Sul sito dello Iai, Giampiero Gramaglia, giornalista, già direttore dell’Ansa, ora a EurActiv.it e consigliere per la comunicazione dello Iai, ha spiegato che “quest’anno il rapporto ci rivela un’Italia particolarmente insoddisfatta e diffidente non nei confronti degli Stati Uniti, ma dell’Unione europea. Un Paese dove due cittadini su tre vedono nella crescita della Cina una minaccia, non un’opportunità. Seppur minore, vi è anche una certa diffidenza verso gli altri Paesi emergenti”.

La minaccia asiatica
Secondo Mario Del Pero, professore di Storia degli Stati Uniti all’Università di Bologna, nel rapporto Transatlantic Trends c’è qualche sorpresa: “Colpisce, innanzitutto, la persistente – in certa misura rinnovata – forza dell’Atlantismo come discorso e finanche ideologia. Simboleggiata bene dall’idea che il vero denominatore tra i Paesi europei e gli Stati Uniti, ciò che caratterizza e giustifica l’Alleanza atlantica, sia la loro loro natura democratica”, ha spiegato Del Pero.

Tra i dati è particolare l’ostilità degli europei nei confronti della Cina e della sua crescita. “Nell’Unione europea, solo il 30% degli intervistati ha un’opinione positiva del gigante cinese e appena il 26% ritiene desiderabile una leadership internazionale di Pechino”, ha spiegato Del Pero. Una tendenza che si accentua soprattutto sull’aspetto economico: la Cina è concepita più come minaccia che come potenziale partner.

La fine della “Obamania”?
Resta fermo l’entusiasmo nei confronti del presidente americano e il desiderio di una leadership americana a livello internazionale. Negli ultimi cinque anni, è però sceso dal 77 al 69% il giudizio positivo sulla politica estera degli Stati Uniti. “Un tracollo che molti commentatori ritennero allora strutturale e in una certa misura definitivo, destinato ad accompagnarsi all’ineluttabile riduzione dell’influenza statunitense nel (e sul) Vecchio continente”, ha detto Del Pero.

Nel 2013 il 55% degli europei ritiene desiderabile la leadership degli Stati Uniti e il 69% ha un’opinione favorevole dell’azione internazionale degli Stati Uniti. Bisogna ricordare che, sempre nel rapporto Transatlantic Trends del 2008, soltanto il 20% degli intervistati europei approvava l’operato dell’allora presidente George W. Bush.

Le contraddizioni europee
Nell’anticipazione del rapporto, Gramaglia ha spiegato che gli italiani restano i più insoddisfatti della politica economica del governo per affrontare la crisi e sono anche i più critici delle scelte dell’Ue, specialmente quando si tratta di Angela Merkel.

“Siamo i più convinti che l’attuale sistema economico va a beneficio di pochi e non contribuisce affatto a un’equa distribuzione delle risorse disponibili: lo pensa il 93% degli italiani intervistati”, ha detto. Ma sull’euro c’è (per adesso) un’opinione migliore rispetto a quella che hanno spagnoli, portoghesi e francesi. “In tre anni, la percentuale degli italiani che pensa che l’euro sia stato negativo per l’economia è salita dal 46 al 58%, un pessimo viatico per le elezioni europee dell’anno prossimo”, ha aggiunto Gramaglia.



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