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“Imprese”, tra fiction e realtà

Almeno uno dei tre, li avrete visti, facendo magari zapping in TV. Vi è quello sgrammaticato sceneggiato, dove abbonda il “te” al posto del “tu”, con il romantico “re dei cessi” de La grande Famiglia, su Rai 1, ovvero la storia di una azienda di famiglia in serie, oltre che in strane, difficoltà, anche se personalmente sono più affascinata dall’incredibile “fabbrica di sanitari”, faccia buona della florida Brianza, rappresentata dal “fidanzatino Benedetto Valentini”.

Vi è poi, “Una mamma imperfetta” credo su Rai2, oltre che on line sul Corriere; questa per lo meno usa uno schema interessante nel rapporto con l’edizione digitale di un grande giornale e il divano di casa, facendo scegliere dove si preferisce per tempo, per seduta, per orario, consumare la visione. Un po’ come quando, in altre ere, si anticipava sulle colonne di un giornale quello che poi una volta raccolte tutte le “puntate” degli articoli, pensate al Bell’Antonio, diveniva libro.

E il terzo caso è andato in onda ieri e prosegue anche questa sera con l’imprenditore del “comunitarismo”, Adriano Olivetti, colui che in una mamma disperata ha visto una esperta di comunicazione per i suoi manifesti, in un giovane operaio un grande ideatore della Lettera 22. Macchina per scrivere, colorata e portatile. Ma soprattutto che cercava di chiamare alla “corte” i filosofi, gli intellettuali sia a lavorare che a incontrare i suoi dipendenti, per esempio nel cinema aziendale. (Come non restare innamorati del cinema aziendale dove i dipendenti possono invitarsi dopo lavoro, conoscersi innamorarsi, così come l’asilo aziendale e la mitica… biblioteca).

In momenti in cui in Tv va in onda anche Miss Italia, ma su La7, vale la pena di parlare del Palinsesto Rai fiction, certamente è strano vedere La7 cadere in basso, ma è inevitabile che se gli scarti della tv non sono più quelli di qualità, di dibattiti e confronti giornalistici, cortei e manifestazioni, come succedeva anni fa in cui la Rai regalava pezzi di informazione importantissimi…
Certo non sono scevri di retorica, di luoghi comuni, questi tre casi firmati Rai, ma assolutamente meglio di niente. Certo è che se Il Corriere nel sottoporre ai suoi lettori l’interrogativo sul “sei o non sei mamma imperfetta” …si perde così, nella domanda numero  3): “Tornate a casa con i negozi già chiusi e trovate il frigorifero vuoto. Non sapete cosa fare da mangiare alla vostra famiglia.

A: Mi arrangio con quello che c’è. Sono capace di mettere su con niente una cena per sei persone.
B: Pregate davanti al frigo vuoto che arrivi qualcuno a salvarvi” … beh certo che altro che lotte femministe! Si potrebbero sprecare fior fiore di insinuazioni, del genere,…appunto di “genere”, …”perché dovrebbe essere la LEI alle prese con il dubbio amletico del cosa “mangiamo?” penso piuttosto che questo interrogativo, sempre che ci sia, perché le famiglie sono molto più “organizzate” di quanto ci si voglia qui far semplicemente credere, possa porsi anche al LUI se per caso è a casa negli orari di cena, perché è più probabile che sia in ufficio, in redazione, allo studio, a una cena di lavoro, se proprio dobbiamo fare invece l’identikit dell’ “assenteista”.
Anche perché, passando di nuovo alla Fiction di Olivetti, donna altro che imperfetta quella lunatica che viene e va dal suo letto, e da quello di un altro compagno, la moglie, o no? Eppure imperfetta senza che assolutamente si preoccupi di “quegli” esempi che abbondano, seppur con ironia a tal punto da divertirsi, nella mamma imperfetta…

Certo che gli industriali, quelli che si vedono nelle convention di Olivetti, che gli danno a dosso, perché aumenta i salari, cerca e trova vie nuove, non si sono estinti, invece la Fabbrica di Olivetti….sì. E non per ragioni di fatturato!
Vi è una testimonianza video reperibile su youtube di una visita all’interno degli stabilimenti Olivetti da parte di una delegazione sindacale russa, che vedendo una grossa affluenza in orari insoliti all’interno della struttura del centro studi, senza esitazione sono convinti i visitatori di trovarsi in una giornata di “scioperi”. È lì la forza del sistema: quella, viene sottolineato con spontaneità, è la prassi. Rientra proprio nelle ragioni dell’incremento di produttività registrata.

Ma entriamo in merito attraverso l’analisi del CdG (Consiglio di Gestione Olivetti): “la riduzione d’orario a parità di salario era coerente con la visione olivettiana del ruolo sociale della fabbrica e del rapporto tra organizzazione del lavoro e motivazione operaia da un lato, del necessario equilibrio tra industria e comunità locale dall’altro; serviva infatti come uno dei principali correttivi ai problemi causati dal taylorismo: era questo un tipo di organizzazione che rappresentava un passaggio doloroso ma inevitabile verso l’automazione liberatrice dalla ripetitività e dalla noia,  un passaggio che richiedeva nell’immediato compensi morali e materiali: pause, diminuzione dell’orario di lavoro, più tempo libero e relative possibilità di elevamento culturale; al contempo, la riduzione dell’orario era finalizzata, al pari delle facilitazioni dei trasporti casa-lavoro, a consentire agli operai provenienti dalla campagna di mantenere un rapporto con l’attività agricola”.

Si legge nei discreti documenti ancora consultabili o reperibili, seppur nei modi meno ufficiosi della rete, di come per esempio ci fossero due ore di pausa pranzo nelle quali “l’imprenditore” organizzava dibattiti e invitava personalità di spicco a dialogare alla pari con i suoi dipendenti, così come dopo cena, fino a tarda sera; regalando un livello culturale di spessore da condividere con la comunità, le famiglie e il territorio.

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