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Vi prego, non fate comprare Alitalia da Air France. Ecco perché

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Riccardo Ruggeri apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Solo due volte nella vita ho firmato un appello. A 18 anni, quello per il ritorno di Trieste all’Italia. Una lunga linea d’ombra durata sessant’anni, poi la settimana scorsa quello del Foglio, per dire no al “riflusso statalista”. Per me un atto dovuto, pur sapendo da sempre che le stesse sconcezze le praticano i nostri partner euro-americani, e tutti tacciono. Nella mia attività professionale mi sono sempre ispirato alla locuzione: «Il capitalismo senza il fallimento è come la Chiesa cattolica senza l’inferno». Che ovviamente deve valere per tutti, sempre e ovunque, come succede, oggi, solo per le piccole e le medie aziende. Fare i liberali con questa tipologia di aziende è facile, purtroppo per molti di noi non lo è quando si tratta dei grandi gruppi banco-industriali, di tutti i paesi occidentali.

Prendiamo il caso Alitalia. L’Alitalia è fallita? Bene, dico io, si portino i libri in tribunale, punto. Ma cederla ad Air France mai! Mai, perché AF è un azienda pubblica, mascherata da privata. Abbiamo forse dimenticato gli aiuti di stato dati dall’Eliseo anni fa quando era tecnicamente fallita? Ci ricordiamo le motivazioni dei governanti francesi d’allora: turismo, occupazione, francesità? Erano le stesse che nel 2008 avrebbe poi ripetuto Berlusconi, da noi sbeffeggiato, e che oggi ripetono, vergognandosene, Letta e Lupi. Le grandi aziende francesi non possono avere “riflusso statalista” solo perché mai c’è stato un serio “flusso privatistico”. Oppure, vogliamo leggerci l’accordo “cieli aperti” Europa Usa 2009? I cieli saranno pure stati aperti, ma il possesso delle compagnie americane è e sarà rigorosamente chiuso. Oppure ci dimentichiamo dei miliardi (di stato) spesi dalla Germania, pur di evitare il fallimento delle sue banche?

Parliamo degli Stati Uniti, in teoria il paradiso dei liberali (purtroppo solo in teoria), dopo tante “musate” almeno un minimo di cautela nel separare ciò che dicono da ciò che fanno dovremmo averla. Giusto che Lehman sia fallita, però non sono fallite tutte le altre banche e compagnie di assicurazioni che erano nelle stesse condizioni. Perché? Al di là della stucchevole retorica finto liberale dell’establishment, non era nel “loro interesse nazionale”, punto. Le mega sanzioni monetarie alle Banche a sei anni di distanza (trasformando in multe a carico degli azionisti osceni reati penali dei supermanager) sono specchietto per i gonzi, trattandosi in fondo di partite di giro domestiche.

Vogliamo parlare di Chrysler?

Un governo liberale avrebbe dovuto semplicemente farla fallire, sarebbe stata la terza volta in 50 anni, banale no? Invece niente, scatta l’interesse nazionale, e aspetto ancor più sconcio, quello elettorale di Obama. Che fa Obama? Per salvare, sia l’azienda ceduta che quella acquirente, i Sindacati, il loro Fondo sanitario, l’occupazione, gli stakeholder, copia il modello Alitalia 2008 di Berlusconi.

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