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Alitalia, che cosa avrebbe fatto Obama

Nel 2008 spesi mesi a dibattere con i miei più cari amici il caso Alitalia. Siamo tutti liberali, loro sono «liberali puri», lo sono giorno e notte, mentre io di giorno sono «puro», ma di notte divento «flessibile, tendenza mignotta». Sempre d’accordo sulla teoria, qualche volta ci dividiamo sulla pratica. Nel 2008, forse per squallidi motivi di bottega, Berlusconi definì Alitalia «strategica» (aveva ragione lui) e l’affidò a una sua cordata di imprenditori (fu un errore clamoroso). I «Patrioti» erano uguali ai «Capitani Coraggiosi» di Telecom, solo più numerosi, managerialmente inetti e senza quattrini gli uni e gli altri. Adesso siamo alle solite, i miei amici, giustamente dicono «avete visto?», si rammaricano che non sia stata ceduta allora a Air France, a condizioni migliori di quelle attuali.

Hanno ragione, ora saranno peggiori, sia per lo stato dei suoi bilanci, sia perché Air France è anch’essa «tecnicamente» fallita e prossima a una gigantesca ristrutturazione. E’ probabile che Letta seguirà questa strada, e a mio modestissimo parere ,sbaglierà clamorosamente. Non averla cedute allora fu giusto, sbagliate le modalità e la gestione successiva. Errato cederla oggi a Air France. Nessuno che si chieda perché il management di Air France, mi dicono valido, sia così idiota da non «sfilarsi» dagli accordi, visti conto economico, stato patrimoniale, quote di mercato, flotta, di Alitalia.

La risposta è banale: sulle scelte «strategiche-paese» in Francia non decide il management, ma il Governo (interviene sull’acqua gassata e sul latte, figuriamoci sul trasporto aereo), che ha un interesse primario a mantenere la leadership sul business turistico. Privare l’Italia dell’HUB di Fiumicino (visto che quello di Malpensa l’ha già sacrificato Alitalia), per concentrarlo su Parigi è «strategico», eccome. Tutto qua. A situazione invertita, faremmo altrettanto noi.

Ammesso che questa analisi sia corretta, la domanda successiva è l’ovvio «Che fare?». Invito a nozze: nessuna invenzione, applicherei il «Metodo Obama». Mi comporterei esattamente come Obama ha fatto con Chrysler, ricordiamolo Obama è un liberal, a capo del paese guida del modello liberale globale. Obama definì Chrysler «strategica» per il Paese. Non so se lo fosse per il Paese, di certo lo era per lui: il Sindacato UAW era suo grande elettore, gli operai erano portatori sani di voti democratici, così tutta l’industria della componentistica. In Italia l’avrebbero inquisito per «conflitto d’interessi», forse anche per «voto di scambio. Là tutti tacquero, anzi si strinsero intorno a lui.

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