Disoccupati si nasce, precari si diventa e “mammoni” si resta, anche se più per necessità che per scelta: questa la descrizione dei giovani italiani che emerge dal Rapporto sul mercato del Lavoro del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro).
La crisi economica ha aggravato la condizione dei giovani fino a spingere l’indicatore del tasso di disoccupazione (15-24 anni) oltre il 40%. In caduta libera anche le immatricolazioni uniiversitarie che negli ultimi 10 anni si sono ridotte del 20,6%. Risultato: 2 milioni e 250 mila NEET (Not in Education, Employment or Training), il 24% del totale dei giovani tra i 15 e i 29 anni.
Insomma i giovani italiani non riescono a trovare lavoro, non proseguono negli studi e, di conseguenza, rimangono a casa con i propri genitori. Ma anche questo “ammortizzatore” comincia a scricchiolare. La disoccupazione colpisce anche i capi famiglia e così scatta l’“effetto del lavoratore aggiuntivo”, cioè colui che si propone sul mercato per cercare di far quadrare, in qualche modo, il bilancio familiare. L’effetto positivo di questo fenomeno è che riduce il numero degli inattivi, ma l’effetto negativo è che genera molto spesso situazioni di “working poor” (cioè chi percepisce retribuzioni sotto la soglia di povertà) e fenomeni di “overeducation” ( inteso come mancato allineamento fra il livello degli studi raggiunto da un lavoratore e quello richiesto da un’impresa per ricoprire una determinata posizione organizzativa). Ma allora i giovani italiani non sono proprio così “choosy”, né troppo “bamboccioni”?!
Questi dati danno due importanti indicazioni. La prima è che le cose non vanno per niente bene. La seconda, più positiva, è che l’Italia non è ancora un Paese arido,è un Paese con un fertile retroterra che attende solo di essere arato da mani esperte. Il Governo in carica (almeno fino a che rimane tale) ha tentato di scavare i primi solchi con una serie di provvedimenti che vanno dalla riduzione delle tasse sul lavoro peri giovani alle iniziative incentrate sulla maggiore alternanza tra scuola e lavoro passando per l’apprendistato semplificato. Gli effetti di questi interventi non saranno immediati ed anzi alcuni provvedimenti rischiano di sparire se il Governo “delle larghe intese” dovesse capitolare. E questo sarebbe un grande e grave spreco. E non è il momento.