Istruzioni per l’uso di interviste e colloqui finto retroscenati: quando i potenti (o sedicenti tali) parlano a microfoni aperti o a taccuini squadernati (e poi sempre controllati e rimaneggiati) le ipotesi sono almeno due.
Prima ipotesi: il potente che esterna non conta più nulla, o comunque conta meno del passato, ma parla proprio per segnalare la propria esistenza agli addetti ai lavori.
Seconda ipotesi: il potente che esterna, o sparla, è in difficoltà ma per continuare a lottare per i suoi principi (o, in verità, per i suoi interessi, ovviamente legittimi) decide di utilizzare le testate, meglio avversarie di quelle di cui magari è azionista, per la gioia di chi lo intervista e fa lo scoop (confesso solenne invidia per il collega di Repubblica, Giovanni Pons, collega della mitica – per me – redazione economia e finanza del Giornale retta da Osvaldo De Paolini e Guido Rivolta).
Qualunque sia l’ipotesi più verosimile a seconda dei casi, la morale è una: quando un potente (o sedicente tale) parla, perde la sua autorevolezza.
Spetterà agli osservatori autorevoli, oltre che agli addetti ai lavori, stabilire se e quando la morale che abbiamo azzardato riguarda anche il colloquio che Giovanni Bazoli ha concesso a Pons in replica alle scarpate lanciate da Diego Della Valle in direzione del presidente di Intesa. Il banchiere ha rimbrottato ad esempio al patron di Tod’s che la contestata acquisizione di Recoletos è avvenuta quando lui era nel cda e quando ai vertici dell’azienda c’era il montezemoliano Antonello Perricone (e non Vittorio Colao, defenestrato da Rcs per volere tra l’altro di Marco Tronchetti Provera e Cesare Geronzi). L’arzillo vecchietto Bazoli ha anche rinfacciato alla galassia montezemolian-dellavalliana di aver brigato (senza riuscirci) affinché alla direzione del Corriere arrivassero direttori berlusconiani.
Insomma, di certo questa volta Bazoli ha dismesso i panni del banchiere silente, cauto e diplomatico. Una vera novità e una delizia per cronisti finanziari affamati di spunti e diatribe fra i poteri forti, o meglio moribondi, del sistema italiano.
A riprova del fatto che la vittoria a sorpresa di Bazoli, tutto gongolante per l’uscita ben remunerata da Intesa di Enrico Cucchiani, defenestrato con sommo piacere del banchiere bresciano, può essere considerata per certi aspetti una vittoria di Pirro. Sarà così?
Nel frattempo, mentre Repubblica maramaldeggia su Rcs, mettendo in piazza i panni laceri degli azionisti di Rcs, il Corriere della Sera cerca comunque di farsi notare. E così il quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli, grazie alla squadra di Milena Gabanelli, dà spazio (poco su carta e un po’ nascosto sul sito) ai cospicui finanziamenti concessi all’amico e socio in affari di Bazoli, Romain Zaleski. Proprio uno dei casus belli alla base del siluramento di Cucchiani dalla guida di Intesa San Paolo.
Appuntamento alla prossima tenzone per gli appassionati del genere.