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Da D’Alema a Renzi, ecco perché. Parla Latorre

Le origini nel Pci, la militanza nei Ds, le tante battaglie al fianco di Massimo D’Alema. Eppure ora, l’orizzonte politico in cui crede Nicola Latorre ha un nuovo nome e cognome: Matteo Renzi. Il senatore pugliese, presidente della Commissione Difesa, ha scelto di sostenere il sindaco di Firenze al Congresso Pd e ha partecipato lo scorso w-e alla Leopolda. In un’intervista con Formiche.net spiega il perché della sua scelta.

Presidente, da ex Ds perché non sposare la candidatura di Gianni Cuperlo?
È chiaro che ho una stima personale per Cuperlo. È una persona di valore e di grande spessore morale. Ma non mi convince il progetto politico che Gianni incarna. Leggendo la sua mozione e ascoltando le dichiarazione di chi lo sostiene, mi è sembrata una proposta che si preoccupa di rassicurare una sinistra smarrita ma che non ha capacità espansiva. Abbiamo bisogno di rimotivare il popolo di centro-sinistra ma anche aspirare a nuovi consensi.

Il Pd “inclusivo” della Leopolda di Renzi. E del Lingotto di Walter Veltroni…
Sì, sicuramente un Pd più inclusivo. Ma lo spirito che ho colto alla Leopolda ricorda di più il clima di quando nacque  l’Ulivo. C’è la stessa tensione, la stessa voglia di mettere in campo un progetto che vada oltre i confini tradizionali della sinistra. Così vincemmo le elezioni del ’96. Certo, quel progetto poi non è stato portato a termine e ciò ha fatto nascere il Pd con dei limiti. Il passaggio del Lingotto con il lavoro generoso di Veltroni aveva colto il problema ma anche quello fu un tentativo non andato a buon fine. Oggi quel sogno può trasformarsi in realtà con Renzi.

Lei che conosce bene D’Alema, ci può spiegare perché non sopporta Renzi?
Francamente non lo so. Mi pare che negli ultimi tempi avesse recuperato un rapporto costruttivo con lui, poi le cose sembrano precipitate ma mi auguro si possa recuperare. Per il resto, mi avvalgo della facoltà di non rispondere.

Il responsabile del comitato renziano per le primarie Lorenzo Bonaccini ha detto “niente risse tra i candidati Pd”. Ma i veleni sui tesseramenti gonfiati sembrano andare in un’altra direzione. Che aria tira nel Pd in versione congressuale?
I veleni non sono stati alimentati da Renzi, in quanto candidato favorito sente la responsabilità, vuole che la discussione congressuale porti valore aggiunto a tutto il partito. È normale che i congressi si prestino a vigore polemico ma non credo si corrano particolari rischi di risse tra candidati.

Ma questi tesseramenti gonfiati ci sono stati o no?
Mi pare un fenomeno di possibile degenerazione abbastanza localizzato, legato a realtà locali. In questa fase del Congresso i veri protagonisti sono i circoli sparsi sul territorio, speriamo che il problema non si ripresenti nella fase successiva.

Entro il 6 novembre si chiuderanno i congressi provinciali. Renzi se vincerà la corsa alla segreteria non rischia di essere un generale senza esercito?
Vediamo come andrà ma le candidature alla segreteria dei circoli locali non ripropongono in maniera pedissequa i candidati a livello nazionale. Questa fase non deve essere interpretato come “i numeri di Renzi, Cuperlo, Civati e Pittella”. È la fase della Convenzione quella in cui gli eletti ratificheranno e ammetteranno i candidati finali per le primarie dell’8 dicembre. Lì i numeri cominceranno ad avere un valore concreto. Certo, è auspicabile che chi vince le primarie, vinca anche la fase della Convenzione nazionale. Confermerebbe la sintonia tra gli umori del partito e il Paese. In caso contrario, sarebbe un problema in più per il Pd.

Come vede l’idea sussurrata da Oscar Farinetti alla Leopolda Renzi segretario-Cuperlo suo vice?
Entrambi gli interessati hanno smentito l’eventuale ipotesi e ciò conferma la serietà dei protagonisti del confronto. Credo che chi vince, debba costruire un’unità politica dei Democratici che non significa un accordo su come spartirsi gli incarichi. Del resto si stanno sfidando non solo persone, ma anche linee e visioni del partito molto diverse. E il risultato non è scontato.



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